World Trade Center, 11/09/2001. Dopo quel giorno, la vita del popolo americano non sarebbe stata più la stessa. Il mondo ha visto in diretta la spietatezza del terrorismo. Erano 19 i dirottatori affiliati ad Al-Qaeda che hanno sferrato l’attacco kamikaze nel cuore di New York. Due aerei, uno dietro l’altro, si schiantavano sulle Torri Gemelle: gli USA erano stati colpiti dentro i propri confini. Il mondo veniva a conoscenza di Osama Bin Laden, lo sceicco del terrore. Il terrorismo aveva un volto e si era presentato con l’azione più crudele e sensazionale mai documentata.
L’area di Lower Manhattan, la parte dove sorgeva il centro finanziario principale degli USA, era un luogo di lavoro. Ogni giorno, prima dell’11 settembre, migliaia di persone varcavano la soglia di quegli uffici esclusivamente per lavorare. Una volta finito l’orario d’ufficio, l’area si svuotava lasciando solo 23mila residenti. Dopo l’attentato, il numero si ridusse a 18500 persone circa. Tuttavia, negli anni successivi la popolazione del quartiere riprese ad aumentare. Nel 2020 risultava addirittura il doppio. Il giornale “Economist” ha definito questo fenomeno «la resurrezione di Lower Manhattan». Dopo l’attentato New York faticò non poco a riprendere la solita vita di sempre. I cittadini che decisero di rimanere a vivere e lavorare lì divennero presto un simbolo di patriottismo e resilienza. Lo Stato americano elargì ampi fondi per la ricostruzione della città e stanziò circa 8 miliardi per finanziare la rinascita di New York. Dopo qualche tempo vennero eretti nuovi edifici, muova linfa vitale per Lower Manhattan. Il 7 World Trade Center aprì le porte a nuovi impiegati e uomini d’affari, era il 2006. Nel 2011 venne inaugurato il Memorial dell’11 Settembre. Nel 2014 venne tagliato il nastro del One World Trade Center: l’edificio più alto degli Stati Uniti.
Quando si tratta il tema dell’11 settembre parliamo anche di un causus belli. Gli USA hanno presieduto il territorio afghano per 20 anni. Solo recentemente i militari statunitensi sono tornati in patria. Le parole di Ali Soufan, agente speciale esperto nella lotta al terrorismo risultano pleonastiche. All’epoca 30enne, Soufan sarebbe diventato da lí a poco l’uomo che si sarebbe avvicinato di piú ad Al-Qaeda e Bin Laden. Decise di lasciare l’FBI quando scoprì che la CIA aveva insabbiato alcune informazioni utili al bureau. “Abbiamo perso la guerra quando abbiamo invaso l’Iran“. Questa la dichiarazione sul confitto in terra afghana. Soufan crede che gli USA abbia fatto un passo falso quando ha spostato risorse finanziarie e militari altrove. In 20 anni di attività militare l’ideologia jihadista non é mai stata il focus dello studio strategico. “Eravamo talmente occupati a pensare alla guerra che abbiamo tralasciato i fattori politici, economici e sociali che hanno permesso ai militanti jihadisti di continuare ad operare“.
Un evento che ha lasciato nella nostra memoria la paura dell’improvviso. É un fatto sociale ancor prima che politico o di belligeranza. Lo ricordiamo oggi. Ricordiamone le vittime innocenti e i superstiti resilienti. Da quel giorno il mondo occidentale é stato piú lo stesso. É caduto ed é risorto dalle sue ceneri.