Il 19 gennaio 1940 a Palermo veniva al mondo Paolo Borsellino. Nasceva in una sola parola un predestinato, uno che a 23 anni appena compiuti deteneva già il record di più giovane magistrato d’Italia. Paolo ha dedicato i suoi primi anni di carriera alle cause civili, per poi decidere, all’età di 39 anni, di occuparsi del delicato connubio mafia-appalti a Palermo.
In quel periodo la mafia era un fenomeno davanti al quale vigeva solo timore e rassegnazione. Intanto il “regno” di Totò Riina e i corleonesi si faceva avanti assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Per questo Paolo, da giovane divenuto adulto, iniziò a collaborare con Rocco Chinnici, capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo, anche lui nato il 19 gennaio di quindici anni prima. Purtroppo però, non sarà l’unico punto in comune che Paolo avrà, nel prosieguo di carriera, con il magistrato originario di Misilmeri.
Nel 1980 Borsellino, insieme al capitano Basile, si occupò dell’indagine sui rapporti tra i clan di Altofonte e Corso dei Mille. I due intendevano proseguire il lavoro che aveva iniziato il commissario Boris Giuliano, che la mafia aveva ucciso un anno prima. Quando anche Basile fu assassinato, il 4 maggio 1980, alla famiglia di Paolo Borsellino venne assegnata una scorta.
Chinnici intanto aveva istituito un vero e proprio Pool antimafia, che mise non poca pressione alla malavita organizzata. Team di cui faceva parte anche Giovanni Falcone, fraterno amico d’infanzia di Paolo, più grande di lui di soli 8 mesi. Paolo e Giovanni misero in atto un progetto atto a colpire “Cosa Nostra” nel punto più debole per ogni organizzazione mafiosa,il denaro.
Il Pool iniziò ad investigare sulla regolarità degli appalti e su conti bancari, e la reazione della mafia non tardò ad arrivare. Rocco Chinnici, il 29 luglio 1983, divenne il primo uomo ucciso da un’autobomba. Al suo posto viene scelto Antonino Caponnetto, la cui candidatura fu appoggiata anche da Borsellino e Falcone.
L’omicidio del magistrato non fermò l’operato della squadra antimafia fortemente voluta dallo stesso Chinnici. Tre anni dopo, il 10 febbraio 1986, prese il via il più importante processo contro la mafia mai visto fino ad allora. Nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, vennero condannate 475 persone. A tal fine furono rilevanti le dichiarazioni rilasciate dal pentito Tommaso Buscetta.
Il 4 agosto 1986 Paolo Borsellino si trasferì a Marsala con la qualifica di Procuratore capo. Fu una sua scelta, vista in apparenza come un voler abbandonare i propositi di lotta alla mafia a Palermo, ma in realtà mirata a continuare a ledere gli interessi di “Cosa Nostra”. Borsellino, infatti, da quel momento intensificò ulteriormente il lavoro iniziato qualche anno prima.
Il 19 gennaio 1988, giorno in cui Borsellino compì 48 anni, il posto che fu prima di Rocco Chinnici e poi di Antonino Caponnetto fu assegnato al consigliere Antonino Meli, preferito a Giovanni Falcone.
Il 23 maggio 1992 “Cosa Nostra” uccise Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, con cinque quintali di tritolo nei pressi dello svincolo di Capaci. Un mese dopo, Borsellino dichiarò: “Quando Giovanni Falcone, solo per continuare il suo lavoro, propose la sua aspirazione a succedere ad Antonino Caponnetto, il Csm con motivazioni risibili gli preferì il consigliere Antonino Meli. Falcone concorse. Qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno il Csm ci fece questo regalo“.
L’omicidio di Falcone significò per Paolo la scomparsa non solo di un collega,ma soprattutto di un fratello. Ciò lo spinse a lavorare con ancora più intensità per inchiodare gli autori della strage di Capaci, sapendo in cuor suo di non avere molto tempo. “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore solo una volta“, disse Paolo al pentito Vincenzo Calcara.
Il 19 luglio 1992, appena 57 giorni dopo la morte di Falcone, Borsellino venne ucciso a Palermo in via D’Amelio. Cento chili di tritolo furono più che sufficienti per togliere la vita a Paolo e a cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Paolo Borsellino, nato il 19 gennaio e morto il 19 luglio, a metà esatta del percorso che lo avrebbe portato a compiere 53 anni. Appena un anno prima, l’1 febbraio 1991, da Roma convocarono Paolo per lavorare ad una super procura antimafia. Borsellino però non fece in tempo.
I suoi messaggi e insegnamenti, insieme a quelli di Giovanni Falcone e tutti coloro che si sono impegnati nella lotta alla mafia, sopravviveranno per sempre e saranno in eterno modelli per le attuali e future generazioni.
Il 19 nella smorfia significa “risata”. La risata che adesso,lassù, Paolo Borsellino e Rocco Chinnici, Uomini veri, si staranno facendo per festeggiare il loro compleanno, ammirando dall’alto come la loro straordinaria dedizione alla giustizia sia servita per debellare un fenomeno con all’interno vili ominicchi che, senza nemmeno avere il coraggio di uscire dalle proprie tane, hanno per troppo tempo seminato terrore.