Boris Giuliano: il super poliziotto ucciso alle spalle da Cosa Nostra

Leoluca Bagarella aspettò pazientemente che si voltasse per pagare il caffè: solo allora lo freddò con sette colpi alla schiena

Il 21 luglio non è mai stata una data come le altre. Almeno tre eventi la annoverano tra le giornate da ricordare ogni anno. Come se fosse destinata a scandire pezzi di memoria storica, la data torna infatti nel corso dei decenni a sancire un divario: quel che era, non sarà più lo stesso. Nel 1969 Neil Armstrong poggiava piede sulla Luna; nel 2001 i fatti del G8 di Genova; Ed infine una data importante per qualsiasi siciliano: il 21 luglio del 1979, con l’assassinio di Boris Giuliano.

Mancano circa cinque minuti alle otto del mattino del 21 luglio del 1979, quando Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile della Questura di Palermo, varca la soglia del portone di casa. Di solito, ad attenderlo di sotto, c’è un poliziotto che lo accompagna in Questura. Quel giorno, però, il sole è splendido e Giuliano esce dal palazzo con qualche minuto d’anticipo. Si ferma a parlare col portiere, e poi si dirige verso un bar vicino casa. Cammina dritto Giuliano, senza voltarsi, senza guardarsi attorno. Il passo deciso fin dentro al Lux bar, dove al banconista ordina un caffè. Non fa in tempo a berlo, quel caffè: un killer solitario, a viso scoperto, spara tre colpi al collo e quattro nella schiena, da distanza ravvicinata. Giuliano, nonostante sia un abile tiratore, non ha neanche il tempo di reagire, cade a terra, mentre il killer fugge, favorito dai complici che lo aspettano fuori dal bar.

La mano che stroncò la vita dello “sceriffo”, come era scherzosamente soprannominato dai colleghi e dalla stampa, fu quella di Leoluca Bagarella, il corleonese di nascita, cognato di Salvatore Riina. Il killer, non ebbe però il coraggio di affrontarlo apertamente perché sapeva che Giuliano era un tiratore infallibile, in grado di piazzare una pallottola in piena fronte da un’enorme distanza e non era quindi un bersaglio facile; così gli sparò. Alle spalle, gli è scivolato alle spalle perché solo così avrebbe potuto ucciderlo. E tremava, tremava mentre sparava a tradimento per più volte.

Boris Giuliano aveva 48 anni, moglie e tre figli piccoli. Morì così, in una calda mattina di luglio, un funzionario dello Stato con l’altissimo senso del proprio ruolo, entrato in polizia all’inizio degli anni Settanta e subito impegnato in delicatissime indagini.


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Riemerge un pezzo di oscura storia italiana nel giorno della 41esima commemorazione. Gonfaloni e corone, autorità e picchetto d’onore, note del Silenzio e un messaggio del capo della Polizia: “Non è solo il ricordo di un poliziotto ucciso – ha detto Gabrielli – ma anche di un poliziotto che aveva perfettamente capito quale doveva essere la strada per attaccare l’organizzazione criminale. Noi ricordiamo ovviamente sempre i grandi processi e le grandi sentenza. Ma a me piace ricordare anche chi ha lavorato in un contesto di grande tensione. Perché nel 1979 non so quanti palermitani, e non solo, parlassero di mafia. Questi sono stati veri e propri precursori che hanno pagato con la vita”.

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