Dal cortile al territorio: un’esperienza tutta al femminile

Ileana Arceri e Giovanna Gebbia hanno messo a punto un’ idea e l’ hanno trasformata in un progetto culturale : “‘U curtigghiu” mira a utilizzare il contesto turistico per promuovere e recuperare il valore delle specificità locali

La rinascita di un luogo e di due persone che, in momenti diversi delle rispettive esistenze, hanno maturato il desiderio e la voglia di ripartire, approdando presso un “altrove” presso il quale entrambe si sono fermate, per progettare e ricominciare, all’insegna della continuità tra passato e presente. 

La storia è quella di due donne, Giovanna Gebbia e Ileana Arceri  e lo scenario è rappresentato dagli incantevoli borghi del Parco delle Madonie, dove le due imprenditrici, entrambe pioniere del comparto turistico in quell’area, si sono incrociate, accomunate dalla medesima ricerca di nuove radici, in uno spazio circoscritto che oggi le vede risiedere l’una di fronte all’altra, dirimpettaie in quel posto fatato che è Petralia Soprana, classificatosi nel 2018 quale borgo più bello d’Italia.

La parola chiave di questa storia è curtigghiu, o meglio ‘U curtigghiu, espressione dialettale che rimanda a un luogo “storico” di ritrovo, aggregazione e, spesso, anche di coesione territoriale, in un contesto dove si sviluppano attività condivise dalla collettività locale, momenti di vita familiare e relazionale. 

Un microcosmo all’aperto che ha suggerito a Giovanna e Ileana l’ opportunità di attingere a un patrimonio ideale di esperienze, ‘U curtigghiu appunto, declinandolo nelle innumerevoli forme di comunicazione che intercorrono tra il territorio e chi lo abita o lo attraversa, utilizzando il contesto turistico per promuovere e recuperare il valore della cultura locale che, nel caso delle Madonie, necessita di un supplemento di attenzione per via del progressivo svuotamento dei territori, determinato dalla desertificazione commerciale e produttiva, un fenomeno che rischia di impoverire ulteriormente le comunità resilienti che popolano l’area, già duramente messa alla prova dall’abbandono da parte di chi, pur di trovare un’occupazione, è costretto a trasferirsi presso altri luoghi. 

La perdita della nozione del “saper fare” da parte della comunità è uno degli aspetti focali che caratterizza l’attuale condizione di molte aree interne, Madonie incluse, dove le comunità rurali quali quella di Petralia Soprana, nel cuore dell’Appennino siciliano, sono vittime di un’emorragia non solo demografica ma anche antropologica che deve essere fermata rinverdendo segmenti fondamentali delle tradizioni e delle specificità locali, a partire dagli antichi mestieri. 

Proprio alla luce di questo stato di cose, le due imprenditrici hanno lanciato il progetto culturale ‘U curtigghiu , sulla base di un’esperienza edificante compiuta proprio nel piccolo cortile di via Rizzo a Petralia Soprana : un luogo che si è rianimato grazie all’apporto vitale delle due imprenditrici giunte dalla città – da Palermo – che hanno saputo dare forma a un’azione di recupero e sviluppo, all’insegna della volontà di trasformare il piccolo spazio in una destinazione turistica da visitare, senza alternarne la naturale funzione storica e sociale di aggregazione e condivisione, oltre che di espletamento di attività utili alla piccola comunità. 

A pochi passi dalla Chiesa di San Teodoro eretta dai Normanni quando Petralia Soprana era l’antica Batraliah islamica, il vicolo Rizzo da cui tutto nasce è una deliziosa scalinata a gradini bassi, al termine della quale si apre il cortile che, nel passato, era il centro di una reatà condivisa, dove la vita scorreva secondo ritimi e atti quotidiani distanti anni luce dalle frenesie e dalle ossessioni urbane odierne: frammenti di passato che rimangono solo nei racconti e nei ricordi a testimonianza di un’esistenza che si nutriva di scambi di notizie e reciprocità, contrassegnata dalla pratica dei mestieri, dal lavaggio dei panni sbiancati con la cenere e dalla preparazione del pane e dei biscotti tradizionali. 

La signora Grazia preparava le cucchie di Natale e viveva nella casa dove ora abita Giovanna, mentre i grandi malaseni, ovvero i magazzini di deposito in gergo dialettale, sono divenuti l’abitazione di Ileana, che ha provveduto al loro recupero e restauro, trasformandoli anche in un luogo dedicato all’ospitalità. 

L’arrivo delle due nuove abitanti ha scardinato la quotidianità del borgo, segnandone la svolta in un felice connubio tra il contemporaneo della vita moderna e gli echi di quella passata: grazie alle novità che la loro presenza ha comportato, si è messo in moto un nuovo modus vivendi fondato su incontri, partenze e scambi. 

Il tutto, in uno scorcio di territorio che ben si presta alla narrazione, anche per via del forte impatto scenografico, sintetizzato dall’immagine dei fili dove vengono appesi i panni colorati che sventolano tra le due case, che si animano al primo alito di vento e che restituiscono la visione storica di uno degli atti quotidiani delle donne del cortile, affaccendate nel lavaggio della biancheria. 

Accanto alle piante ornamentali e fiorite collocate dinanzi agli ingressi ci sono i vasi delle erbe aromatiche da sempre utilizzate nella gastronomia tipica locale,  ben presenti nella cucina di Ileana, appassionata gastronoma e ricercatrice di antiche ricette, che utilizza esclusivamente i prodotti locali acquistati dagli agricoltori del territorio, all’insegna della filosofia del Km 0. 

Nel progetto, un ruolo importante riveste la narrazione del ricordo, custodito e trasmesso con la precisa volontà di ridare un senso alla memoria, perpetuandola e mettendola in mostra, trasformando parte delle murature in un’esposizione di parole che raccontano la cultura popolare del borgo tra detti, modi di dire e indovinelli scritti su cartoncini come un vero e proprio itinerario da leggere. 

I visitatori, inoltre, hanno a disposizione una piccola banca dei messaggi per depositare i loro pensieri e le loro impressioni di viaggio; se vogliono, possono prenderne uno alla volta, da portare via come ricordo del loro passaggio nel borgo.

 LE DUE IDEATRICI

Giovanna Gebbia è partita da Palermo all’età di vent’anni e ha vissuto tra Roma e Milano; è tornata in Sicilia qualche anno dopo. 

“Non per nostalgia – precisa – ma per amore, quando ho compreso che la mia terra meritava di più: impegno, sentimento, cuore e coraggio”. 

A Petralia Soprana è arrivata per caso e non è più andata via, “forse perchè le radici non sono sempre lì dove si viene al mondo, può capitare che si trovino altrove”. 

Nei mesi scorsi ha pubblicato il suo primo romanzo, dal titolo “Sulle tracce del passato” ; oltre alla scrittura, ama curare la sua creatività attraverso la manualità, in un piccolo laboratorio dove realizza oggetti mettendo insieme riciclo ed elementi naturali: così, ciò che apparentemente non serve più torna a vivere, diventa sostenibile e nulla viene sprecato ma si rigenera e diventa parte di un ecosistema.

“Nel cortile – spiega – ho trovato Ileana e ho incontrato la sua passione per la cucina, la natura e la vita: le nostre finestre sono affacciate dirimpetto ma guardano sulla stessa prospettiva”. 

Ileana Arceri si definisce un’anima stanziale “ma – precisa – al tempo stesso mi annoio ad immaginarmi ferma in uno stesso luogo, nelle medesime dinamiche tutti i giorni”. 

“Molto spesso ho bisogno di vagare con la fantasia, vedere spazi aperti innanzi a me – spiega – o spostarmi fisicamente dal mio luogo abituale”. 

Ama cucinare, nutre un grande amore per la natura, la montagna e il mare, l’arte e la musica. 

“Non è sempre scontato che il posto che ti accoglie al mondo sia quello che senti giusto per te – afferma – o che restituisca appartenenza: io l’ho scoperto grazie a un viaggio verso il Nord Italia durato cinque anni, durante i quali ho messo a fuoco che lo scopo di quel percorso era il ritorno alle radici: non solo nel senso della famiglia d’origine, bensì di un’intera terra che è la maestosa isola di Sicilia”. 

Legami che non hanno necessariamente una connessione diretta con gli affetti familiari. 

“Così nasce il mio rapporto con le Madonie – conclude – e con il lontano borgo di Petralia Soprana, ma soprattutto con il microcosmo che mi circonda ogni giorno: il cortile in cui vivo, testimone insieme alla mia casa di quell’attesa derivata dalla scelta”.