Davide Shorty: la pandemia, la musica, la lotta…

Il Funk Shui Project & Davide Shorty hanno reinterpretato il loro album del 2019 “La Soluzione” in “La Soluzione Reboot”, uscito il 19 giugno di quest’anno

Davide Shorty e Funk Shui Project insieme anche nel periodo di quarantena tra Londra e Torino. Terminato il loro tour sold out “La Soluzione“, hanno pensato bene di far sparire l’omonimo album dalle piattaforme di streaming di musica, facendo impazzire non pochi fans. Questo è stato solo un passaggio utile a riavviarsi e produrre, anzi, ri-produrre, “La Soluzione Reboot” pubblicato per l’etichetta Totally Imported / Artist First. La volontà di questa reinterpretazione era già partita poco prima del lockdown, tant’è che il featuring con il sicilianissimo Roy Paci “Carillon” era pronto già nella metà di aprile.

«Quello che avevamo creato in “La Soluzione” ci è piaciuto molto e siamo contenti del successo ma ad un certo punto ci siamo anche detti ‘Siamo una band, suoniamola!’», così racconta Davide ai microfoni di Palermo Live. 

La Soluzione Reboot si districa armoniosamente in un tributo perfetto alla black music e anche grazie ad essa, Davide Shorty si batte giornalmente contro il razzismo dilagante in Italia e non solo.
Tutti ricordiamo benissimo la sua audizione ad X-Factor cantando il brano “Iron sky” di Paolo Nutini, la sua voce e le parole della canzone conquistarono immediatamente le orecchie ma soprattutto il cuore del pubblico. La scelta di Iron Sky non fu casuale ovviamente, ma era già lo specchio di un percorso artistico e umano che combaciano tuttora nella sua persona, motivo per cui nei social e nella sua musica, continua a dire la sua riguardo alla causa del Black Lives Matter.

La Soluzione Reboot viene lanciato il 19 giugno, due giorni prima della festa della musica. Quest’anno però niente festa, un 21 giugno 2020 senza musica che ha coinvolto tutti i lavoratori nel settore musicale italiano. 

«Quello che stiamo vivendo noi musicisti in Italia non riguarda solo questo periodo – afferma Davide – e non è nemmeno tutta colpa del periodo coronavirus, perché è da sempre che il nostro lavoro viene sottovalutato. Ci dicono che l’arte non è essenziale – continua – però poi tutti guardiamo le serie tv, ascoltiamo musica in continuazione, andiamo alle mostre ed è per questo che abbiamo un grande peso nel prodotto interno lordo. Quando c’è da far divertire siamo bravi, ma quando c’è da cacciare i soldi, non esistiamo. Permettiamo manifestazioni di gente ammassata ai Gilet Arancioni o a palesi partiti che fanno propaganda con l’apologia di Fascismo, ma quando si parla di far ripartire i locali, i concerti, allora lì c’è rischio di contagio, nonostante ci sarebbero le perfette soluzioni per rispettare le misure anti-covid». 

La lotta di Davide in questi giorni è anche questa, ribadire il fatto che i diritti debbano essere rispettati in quanto tali. Non soltanto quelli che permeano al suo ruolo come musicista su un palco ma vuole parlare anche di tutti quei lavoratori che stanno dietro le quinte «Pensiamo a tutte quelle persone che si sono ritrovate senza lavoro da un giorno all’altro, che aspettano notizie da un ennesimo decreto. Attrezzisti, fonici, responsabili delle luci e tantissimi altri, purtroppo. L’Italia non è abituata ad un’educazione all’arte» .