Noi investiti da un fiume in piena. Quanti altri morti ci vorranno…?

Da anni ormai ci siamo accorti tutti che il clima è cambiato. Le bombe d’acqua sono sempre più frequenti. E io, oggi, per un temporale ho temuto di morire…

Ore 17:30, io e mia moglie stavamo percorrendo la via Notarbartolo. Pioveva molto forte ed avevamo appena chiuso una diretta sulla pagina di Palermo Live per far vedere la situazione in città. All’altezza dell’incrocio con via Umberto Giordano ho visto arrivare proprio davanti a me un fiume in piena. Un vero e proprio muro d’acqua che ha investito la nostra auto facendola galleggiare per qualche secondo. Ho sterzato per allentare la tensione dell’acqua e, anche con un po’ di fortuna, sono riuscito a girare per via Giordano. Ma anche lì il livello dell’acqua era altissimo. La mia macchina, seppur in prima, non ce la faceva ad andare avanti. Abbiamo aperto i finestrini, perché avevamo paura di rimanere incastrati nell’abitacolo, poi ho sterzato nuovamente e sono salito su un marciapiede, rompendo perfino il paraurti.

PIANTO E PREGHIERE 

Aperti gli sportelli abbiamo visto l’acqua entrare dentro l’auto. Mia moglie è scesa per prima ed è finita in una buca, forse un tombino scoperchiato. Non c’era un posto in cui ripararsi e l’acqua ci arrivava sopra le ginocchia. Siamo andati verso la stazione Notarbartolo, ma non si riusciva a camminare per la pioggia intensa e il vento. Abbiamo trovato un radiatore di un condizionatore e ci siamo saliti sopra. Ci tremavano le gambe per la paura e per il freddo. Mia moglie ha cominciato a piangere e a pregare, si sentiva mancare.

RISCHIO FULMINI E FILO ELETTRICO 

Ho provato a chiamare il 112, il 113, il 118 e il 115, tutte le linee erano intasate. Non sapevo cosa fare, ero stremato. La paura è aumentata quando ci siamo accorti che sotto di noi c’era un filo della corrente elettrica lambito dall’acqua. In più non smetteva di piovere e c’erano tuoni e lampi. 

ANGELA NICLA

Dopo venti minuti di angoscia, da un balcone del palazzo di fronte, una ragazza ha cominciato a farci ampi gesti: “Venite qui, vi apro il portone” ci ha detto da lontano. Siamo scesi, abbiamo camminato in mezzo ad un mare di fango, strisciando i piedi sull’asfalto per evitare altri tombini. Poi il portone si è aperto, e al primo piano Nicoletta, che dagli amici si fa chiamare Nicla, ci ha dato un’asciugamano, ci ha offerto una camomilla calda, ci ha prestato un phone per asciugare i capelli. Nicla è una giovane donna che ogni giorno aiuta i senzatetto e che cucina per loro all’Istituto Santa Lucia: oggi si è occupata di noi. Non so se ci ha salvato la vita, ma di certo ci ha dato una grande mano. “Chiamatemi Nicla, ha detto dopo un po’”. “Ok – ho risposto – ma solo per oggi consentici di chiamarti Angela”. 

CLIMA TROPICALE 

La nostra storia è una goccia nel mare, in una giornata in cui un vero e proprio mare è caduto dal cielo e in meno di due ore ha investito Palermo e ha ucciso persone. Nostra figlia ha potuto riabbracciare i suoi genitori, qualcun altro, da oggi, non potrà fare altrettanto con i propri cari. E quindi andava raccontata. Perché è vero che non c’era allerta meteo, è verissimo che è caduta sulla città una bomba d’acqua di proporzioni inverosimili, ma è altrettanto vero che da anni, ormai, certi fenomeni sono diventati consuetudine. Quante vittime servono per capire che su Palermo vanno fatti interventi urgenti alle fognature, che gli alberi abbattuti vanno sostituiti, che forse si sta usando troppo cemento, che quei sottopassi della circonvallazione sono trappole mortali?

Non è il momento di fare polemica – ha detto il Sindaco Orlando -. In effetti ha ragione, adesso è arrivato il momento di passare ai fatti, perché i palermitani non possono più aspettare, non possono e non devono avere paura ad uscire da casa ogni volta che un nuvolone nero passa sulla loro testa. Nessuno deve piangere altri morti per tragedie di questo tipo. 

Michele Sardo