I novant’anni di Liliana Segre, donna ed ebrea. Una vita tra memoria e speranza
La senatrice a vita è sopravvissuta agli orrori dell’Olocausto. Non ha mai perdonato i suoi aguzzini, ma ha sempre affermato di non volere dare spazio ad alcuna forma di odio e vendetta. Il suo impegno instancabile con le scuole malgrado l’età
Liliana Segre al traguardo dei novant’anni: alle sue spalle, una vita segnata dall’onta dell’antisemitismo e delle leggi razziali; nel suo presente, un impegno politico, culturale e civile declinato attraverso il dialogo intergenerazionale, perchè è con le scuole e i più giovani che occorre lavorare per eliminare la tossicità del razzismo.
E, per quanto sia difficile parlare di futuro nel caso di una seppure splendida novantenne, l’auspicio è che l’elegantissima signora abbia ancora molti anni a disposizione per testimoniare e diffondere i valori che hanno sempre animato la sua esistenza.
Regola numero uno: non odiare, anche se lei avrebbe avuto tutto il diritto di coltivare astio, rancore e vendetta.
La bambina che alberga in ogni donna non può archiviare la ferita dell’allontanamento forzato dalle compagne di classe; la ragazzina che continua a vivere in un’anziana signora non può dimenticare l’umiliazione di un padre costretto a comunicare alla propria figlia che la scuola è un mondo precluso quando si è ebrei, e la giovane donna che riaffiora puntuale in tutte le nonne non può mettere dentro un cassetto il ricordo di altri nonni, i propri, e dei loro volti preoccupati e dolenti.
Regola numero due: non dimenticare.
Liliana lo ha detto in pubblico: non odia, ma non dimentica, e ha detto anche un’altra cosa, che la rende infinitamente più umana di tutte e tutti, ovvero che lei non perdona.
Perchè, se è vero che occorre mantenere la distanza dai sentimenti distruttivi, è inconcepibile ritenere che si possa venire a patti con chi, una mattina del 1944, ti ha caricata su un treno per un viaggio di sola andata e ti ha condotta fino al campo di Auschwitz.
Liberata nel maggio del 1945, Liliana è l’unica sopravvissuta della sua famiglia, inghiottita dall’orrore del nazismo.
Nel dolore più cupo, e nel silenzio che cambia per sempre chi ha toccato il fondo più nero della sofferenza, inizia però la rinascita di una donna che poi diventa madre, nonna, senatrice, testimone.
Forse Liliana è nata per diffondere un messaggio; una donna può tutto.
E allora auguri, Liliana, donna ed ebrea.
L’unico regalo che tutti possono farle, oggi e non solo, è leggere con pazienza gli articoli delle leggi razziali del 1938, concepite per far sentire diversi, inutili e sottomessi gli ebrei, tenendo bene a mente che l’antisemitismo non è mai davvero morto.