Quel logo della Regione che somiglia tanto a…

Non cessa la bufera sulla campagna pubblicitaria per il rilancio del turismo isolano. Guardate cosa fece la Puglia 5 anni fa

Non è la prima volta che politica e burocrazia fanno inchiappi quando si occupano di turismo. E il motivo è semplice: mediamente non ne capisce niente nessuno, né a livello politico che burocratico. L’unica preoccupazione è avere le carte a posto, poi poco importa se il presupposto per cui quelle carte esistono contravviene alla logica delle cose. Dispiace dirlo, ma chi predispone e firma gli atti – che per legge, da anni, non è mai un politico – ha responsabilità etiche anche maggiori di chi quegli stessi atti li indirizza.

La storia del logo della campagna di comunicazione prossima ventura della Regione Siciliana sta tutta lì. Giusta e opportuna l’idea di contribuire al rilancio del turismo siciliano che è motrice dell’economia isolana e di buona parte dell’indotto economico oltre che dell’occupazione anche stagionale. Ma che sia adeguato lo strumento sono in pochi a pensarlo. E ciò coinvolge politica e burocrazia, per limiti di competenza, come dicevamo, ma non solo. Perché, al netto di ogni malizia, quando si ricorre al legittimo istituto dell’affidamento diretto (posto che una gara con più soggetti invitati, se ben gestita, può anche durare appena 15 giorni) il soggetto coinvolto deve essere il Maradona del settore e il risultato assolutamente inattaccabile.

Poi c’è l’altro problema che coinvolge tutti gli enti pubblici: alla dubbia competenza, infatti, si unisce la presunzione di chi giudica aspetti che hanno un preminente carattere tecnico e necessitano di una cultura di base specifica. La prima impedisce di stracciare all’istante e restituire al mittente un logo che ne richiama troppi altri, la seconda consente di far passare a pieni voti l’esame sul fronte dell’idea concettuale. 

Del resto, di comunicazione si parla come di calcio, sesso e oroscopo nei bar. E come in questi casi conta di più la parola di chi urla. In questo caso di chi ha il potere decisionale. Con tutto il rispetto per il dirigente che ha firmato l’atto, stiamo però parlando dell’assessore Manlio Messina, una delle croci del presidente Musumeci che porta con santa pazienza sulle spalle. Per intenderci, è lo stesso signore recente autore del post su facebook con foto del premier Conte in finto stato d’arresto, sberleffo buono per Amici miei ma poco consono al profilo istituzionale. Storia che sembrava passata e che ora tornerà di moda, spinta anche da chi all’interno dello stesso governo regionale spinge per liberarsi di una presenza scomoda, testimonianza di quella cataniacentricità che sta costando cara al presidente che l’ha favorita.

La domanda che da anni molti addetti del settore si pongono è il motivo per cui ci si sbrodola ancora con la nomina di Sebastiano Tusa ai Beni Culturali, massima espressione della competenza professionale applicata alla politica, e si ignora lo stesso principio in una delega altrettanto importante (se non di più) come quella del turismo. Sui social la storia del logo è la notizia top della giornata. Ed è già scattata una sorta mobilitazione generale. Inevitabile, se si osserva ciò che la Regione Puglia realizzó in occasione di Expo 2015 o che in Spagna fece il piccolo comune di Salou nella provincia di Tarragona. È forse vero che ispirarsi al passato è legittimo, ma a tutto c’è un limite.


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