La spallata delle opposizioni a Leoluca Orlando non c’è stata. A Palazzo delle Aquile, è andato tutto come previsto. Anzi no: perché oltre a non riuscire a approvare la sfiducia al sindaco, le minoranze sono riuscite a spaccarsi in aula. Da un lato, il Movimento 5 stelle, dall’altro i gruppi del centrodestra. “Non pensate che possiamo condividere alcun provvedimento in aula da ora in poi”, ha detto in coda alla seduta il capogruppo di Forza Italia a quello dei grillini, Antonino Randazzo che nel suo intervento aveva marcato la differenza con i gruppi della destra cofirmatari della mozione.
E non sono mancati momenti infuocati, con le pesantissime accuse della consigliera di Oso Giulia Argiroffi sulla gestione della fase di realizzazione delle linee tramviarie e dell’individuazione dei vagoni, alle quali il sindaco ha replicato annunciando di inviare l’intervento della consigliera alla procura della Repubblica.
Otto ore e oltre di dibattito, concluse con uno show del sindaco che si conferma un gigante nell’oratoria e nella gestione dei dibattiti d’aula. E che non soltanto ha incassato tutte le accuse, ma si è sostanzialmente promosso: “Se muoio stanotte, sono felice: mi sono compiuto, ma non si è ancora completato. C’è tanto da fare, ha aggiunto, e nessuno lo sa meglio di me. Non tiro i remi in barca, perché un minuto prima, metterò la parola fine da me”.
I consiglieri di opposizione hanno ribadito le accuse all’amministrazione, il loro cahier di doleances sui mali che affliggono la città, le emergenze rifiuti, trasporti, le piste ciclabili, i problemi dei dipendenti comunali, delle attività produttive, i ritardi nella pianificazione urbanistica e l’incomunicabilità tra sindaco e giunta con un consiglio comunale che si sente scavalcato e esautorato.
Non solo, Orlando ha replicato alle accuse delle opposizioni, sui temi che facevano parte integrante della mozione, definita una mera mossa politica, ma ha provato a ribaltare sul consiglio comunale le accuse di ritardare l’attività dell’amministrazione non votando decine di delibere di una certa importanza.
Uno scenario, quello della città tratteggiato dal sindaco che cozza apertamente con la realtà che è ogni giorno sotto gli occhi di tutti i palermitani; un elenco di progetti futuribili per la soluzione dei problemi, dall’emergenza rifiuti, all’efficienza della macchina burocratica comunale, ai trasporti pubblici, alla scuola, da finanziare con le risorse del ricovery fund, fino all’altra emergenza, quella delle 490 bare insepolte, con la collocazione di 170 sepolture prefabbricate, prima e cioè entro ottobre, e altre mille dopo l’espletamento di una gara, con l’acquisto di un forno crematorio mobile e con il reperimento di fondi, anche in questo caso, per la maggior parte, col recovery fund. Insomma, un libro dei sogni, un ritornello già ascoltato di progetti che, poi, alla prova dei fatti, non si realizzano, per un motivo o per un altro, per inefficienze della giunta, dei singoli assessori, o della burocrazia, chissà.
Dove è sembrato debole, Orlando, è stato nella esposizione delle cause dei problemi che affliggono la città e nelle responsabilità della sua amministrazione. A partire ai problemi del traffico: il sindaco ha rivendicato la paternità delle scelte per la pedonalizzazione, dell’istituzione delle Ztl, che intende ampliare e delle piste ciclabili, in particolare quella tanto contestata da via Dante a via Praga: “Indietro non si torna”, ha detto Orlando.
Pericolo scampato, dunque, per Orlando che avrà diciotto mesi di tempo, tanti ne restano alla fine della consiliatura, per portare a termine la sua parte di un progetto che, a suo dire, guarda fino al 2030 per la sua realizzazione complessiva di cambiamento della città.
Ma quella di oggi per Orlando è una vittoria parziale. Certamente, non di una maggioranza che si è ricompattata e che ha ribadito la fiducia al sindaco soltanto per scongiurare, nell’immediato, la prospettiva di un commissariamento del comune in vista di nuove elezioni, e in prospettiva, una possibile vittoria del centrodestra. Perché sui punti contestati dalle opposizioni anche da consiglieri del centrosinistra, da Arcoleo a Chinnici, non sono mancate critiche al sindaco e alla giunta, dalla situazione igienica di Palermo, alle piste ciclabili dell’assessore Catania, le richieste di una maggiore efficienze della macchina amministrativa, di risposte più puntuali alle esigenze della città e a un maggiore e più proficuo confronto col consiglio comunale per coinvolgerlo nelle scelte di governo. “In questi diciotto mesi che restano”, ha detto il consigliere del Pd Arcoleo, “non possiamo galleggiare, restare in una posizione di attesa in attesa delle prossime elezioni”.
A questi consiglieri di maggioranza, Orlando ha risposto direttamente e chiaramente, rinviando un confronto al vertice tra il sindaco e le forze di maggioranza di sabato prossimo, ma precisando che “Nessuno può pensare che si vada avanti comunque, a qualunque costo. In questi 18 mesi dovremo mettere tutti il massimo impegno. Ma, vi garantisco, sono tutto tranne che stanco”.
La partita, insomma, si sposta nell’ambito dei rapporti tra il sindaco della sua maggioranza. Lì sono i meccanismi da mettere a punto, con urgenza, perché si rimetta in moto l’amministrazione e di una città in ginocchio e dove, per tutto quello che non va, a quanto pare, non c’è responsabile, non c’è colpevole.