Orlando, la moglie presunta e lo specialista del fotti e chiagni

L’ultimatum di Giusto Catania e le manovre di Davide Faraone: il sindaco adesso è a un bivio

“Orlando scelga, o lui o io”. La sposa (che si sente) tradita, ovvero Giusto Catania e il più inutile degli ultimatum. Inutile perché in realtà questo tradimento ancora non s’è consumato e quell’amante da cui si sente insidiato e che ha gli occhiali e le sembianze di Davide Faraone, sculetta, ammicca ma non è tipo che aspira al ruolo di favorita. Più profumiera che first lady, per dirla tutta. Faraone è nella fase della semina, teorico gioco forza del fotti e chiagni, deve trovare forma e dimensione a Italia Viva, in una terra in cui dentro i palazzi del potere le sue truppe hanno ancora un certo peso.

Orlando non ha tradito Catania, è soltanto le sue attenzioni sono calate. E per dirla tutta, come dargli torto, neanche Rocco Siffredi potrebbe avere la libido alta di fronte alla più evidente crisi gestionale della città dai tempi di Cammarata e al consenso sempre più traballante. La maggioranza di 3 anni fa da tempo si è liquefatta e la squadra di governo non è che l’abbia aiutato più di tanto. Chi conosce Orlando sa che la tentazione sarebbe di mandare a quel paese moglie e amante, per quanto presunte. Perché di fatto mai s’è consumato il matrimonio con Catania, né tantomeno quello con Faraone. Unioni di convenienza, per tutti. E su chi ne ha guadagnato oppure su chi ha fatto più danni meglio sorvolare.

Su una cosa Catania ha però ragione, Orlando dovrà dare un’indicazione chiara sul percorso da seguire. Siamo ad agosto, stagione in cui sin dai vagiti dell’Italia repubblicana, la politica si concede impennate impreviste come se le ferie potessero diluirne eventuali effetti collaterali. Aspettiamocela l’impennata di Orlando, con tutto il rispetto per comprimari di varia collocazione, è l’unico fuoriclasse e qualsiasi cosa farà non sarà certo nella direzione auspicata dal suo esuberante assessore. Smarcarsi da tutto ciò è però obbligatorio, per il bene di Palermo non certo per dare sazio alle guerre tra bande.

La cronaca suggerisce che Palermo è in una fase discendente tanto quanto la sua gestione politica. E se quest’ultimo è un dato quasi fisiologico che appartiene alla fine di ogni ciclo amministrativo (Orlando non potrà candidarsi nel 2022), il declino sociale del capoluogo ha radici molteplici soltanto aggravate dalla questione Covid. Oggi c’è da gestire l’emergenza quotidiana senza dimenticare di pensare al futuro. Un futuro che per la prima volta dopo quasi 40 anni non potrà essere declinato nel nome di Orlando.

Stupisce la scomparsa di scena di Fabio Giambrone, delfino designato e antagonista del Giusto tradito? Per nulla. E’ la maniera per metterlo al riparo dalle attuali beghe e dai fallimenti ultimi scorsi. E di non logorarlo nel dualismo interno con mister Ztl. Se esiste una speranza di continuare a governare Palermo essa è riposta in una convergenza tra progressisti e quel centro moderato alternativo al blocco che sarà guidato dalla Lega. E non può essere Catania l’aggregatore. Troppo esperto l’assessore per non capire che, essendo costretto a scegliere, Faraone è l’uomo adatto alla missione. Del resto, 20 anni fa, Catania ricorderà che non battè ciglio davanti all’ardita alleanza con Totò Cuffaro in una delle ultime giunte prima delle dimissioni del sindaco. Ragione di stato allora, come ora.


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