San Cipirello, settantuno anni fa l’assalto della banda Giuliano alla caserma dei CC

Le vittime furono due militari poco più che ventenni, Giuseppe Fiorenza e Giovanni Calabrese. Era il 25 agosto del 1949: nei giorni antecedenti all’agguato. a Bellolampo era avvenuta una strage nella quale avevano perso la vita altri sette carabinieri

La Commissione straordinaria che guida il Comune di San Cipirello, sciolto lo scorso anno per infiltrazioni mafiose, ha deciso di intitolare a Giuseppe Fiorenza e Giovanni Calabrese l’odierna piazza Sorgente, che dista soltanto centocinquanta metri dal luogo in cui i due giovanissimi carabineri -rispettivamente 22 e 23 anni – persero la vita il 25 agosto del 1949. uccisi dagli uomini del potente clan che faceva capo al fuorilegge di Montelepre Salvatore Giuliano. 

Un modo per perpetuare sotto il profilo istituzionale la memoria dei due militari siciliani, vittime dell’assalto alla caserma del nucleo anti – banditismo in via Giuseppe Garibaldi: la sera stessa di quel giorno, inttorno alle 21:00, a perdere la vita fu Giuseppe Fiorenza, originario di Centuripe, in provincia di Enna; l’indomani, a Palermo, si spense  anche il collega Giovanni Calabrese, nato a Modica nel ragusano, per via delle gravissime ferite che gli erano state inferte. 

I primi colpi furono sparati mentre i due militari del reparto uscivano per monitorare il territorio del piccolo Comune palermitano, limitrofo a San Giuseppe Jato : un’area dove il bandito Turiddu, tra il 1943 e il 1950, era al massimo della sua verve criminale. 

Aperta la porta, Fiorenza e Calabrese furono investiti da una raffica di mitra e dallo scoppio di diverse bombe a mano: i due erano insieme perchè la prassi militare prevedeva che, proprio per fronteggiare eventuali imboscate, i carabinieri uscissero dalla caserma a coppie, distaccate l’una dall’altra. 

Delitti, minacce, sequestri, stragi: è questo il contesto in cui i due giovani e inesperti carabinieri operavano, in una Sicilia attraversata dai movimenti separatisti, dalla disperazione e da una violenza che colpiva soprattutto lo Stato democratico e i suoi simboli, a partire dagli esponenti delle forze dell’ordine: soltanto qualche giorno prima, il 19 agosto, nella strage di Bellolampo, ad opera dello stesso Giuliano, erano stati uccisi sette carabinieri, e dieci erano rimasti gravemente feriti. 

La ricostruzione dei fatti avvenuti a San Cipirello fu resa possibile anche grazie al racconto di uno degli esecutori materiali dell’assalto alla caserma, il comandante del terzo plotone della banda Giuliano Giuseppe Cucinella, che spiegò come i banditi avessero agito secondo un piano prestabilito. 

Tutto era stato pianificato anche nei minimi dettagli: la ferrea organizzazione dell’assalto portava la firma del mafioso Raffaele Lo Voi e del malavitoso Antonino Sciortino, che conoscevano alla perfezione i movimenti dei militari. 

A prendervi parte, oltre a Cucinella, anche Isidoro Bruno, Giovanni Genovese, Giuseppe Delizia e Domenico Oliveri, tutti di San Giuseppe Jato. 

Una pagina bruttissima della storia siciliana, scritta in un’estate, quella del 1949, dominata dal banditismo e dagli attentati. 

L’ennesima strage di mafia dimenticata in una terra dove il riscatto civile della collettività era ancora lontanissimo e neppure ipotizzabile all’epoca.