Ucciardone, la Lega propone la riconversione in museo della Casa di Reclusione
L’eurodeputata Francesca Donato esprime preoccupazione per le condizioni della struttura, inadeguata non soltanto per la Polizia Penitenziaria e tutto il personale che vi opera, ma anche per i 470 detenuti ospitati in ambienti malsani e spazi angusti
Creazione di un nuovo polo museale e culturale e chiusura dell’Istituto Penitenziario.
Così la Lega immagina il futuro dell’Ucciardone, la Casa di Reclusione situata in via Enrico Albanese a due passi dal Porto, nel quartiere palermitano di Borgo Vecchio che, l’8 gennaio del 2018, è stata intitolata a Calogero Di Bona, vicecomandante degli agenti della Polizia Penitenziaria ucciso dalla mafia il 28 agosto del 1979 perchè voleva riportare ordine e legalità in un carcere all’epoca dominato dal potere dei boss.
La proposta porta la firma dell’europarlamentare Francesca Donato, che ha visitato la struttura insieme all’assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliana Alberto Samonà.
Un sopralluogo che ha messo in luce i disagi che caratterizzano l’edificio borbonico, progettato agli inizi del XIX secolo dall’architetto Nicolò Puglia.
“Gli ambienti sono invivibili, sia per i detenuti che per il personale della Polizia Penitenziaria e per tutti gli operatori che vi lavorano – afferma Donato – ed è davvero inaccettabile che in un Paese civile e moderno un carcere, ovvero un luogo finalizzato alla rieducazione di coloro che stanno scontando pene detentive, sia caratterizzato da condizioni così gravemente disagiate”.
Secondo l’eurodeputata, nello specifico, la struttura sarebbe inidonea a garantire la corretta gestione dei ristretti, in tutto 470. per via dello stato di degrado degli ambienti.
“Dopo avere attraversato i giardini e visionato l’area didattica e le parti esterne – spiega l’esponente della Lega – ho visitato le sezioni riservate ai detenuti, accompagnata dagli agenti della Polizia Penitenziaria e dalla direttrice Giovanna Re: poco è cambiato rispetto alle problematiche che più volte sono state segnalate nell’ambito delle precedenti ispezioni in merito alle condizioni dei vari ambienti”.
“Ho riscontrato – precisa – una grave mancanza di pulizia dovuta, secondo quanto mi hanno raccontato gli agenti, alla carenza di personale destinato a svolgere questa mansione”.
“L’assenza di igiene – prosegue – è presente in tutti gli ambienti, soprattutto negli spazi comuni e nei servizi igienici promiscui destinati ai carcerati”.
Particolari criticità sono emerse dalla visita all’edificio della nona sezione, ancora non interessato dai lavori di ristrutturazione, “dove- specifica Donato – tutti gli ambienti sono molto malsani e le celle particolarmente anguste, tali da potere ospitare un solo soggetto e in condizioni davvero degradanti”.
A tal proposito, l’eurodeputata non risparmia critiche al Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria.
“Trovo incomprensibile – afferma – la scelta di mantenere attivo e aperto questo reparto in attesa degli interventi di ristrutturazione: occorrerebbe chiuderlo immediatamente, trasferendo i detenuti in un altro edifico più idoneo; allo stesso modo, tutto il personale in servizio dovrebbe essere maggiormente tutelato e avere a disposizione servizi quali un bar e uno spazio ricreativo riservato, oltre a uffici più moderni sia in termini di arredi che di dotazioni informatiche”.
“La soluzione ideale e più saggia per garantire sicurezza ai lavoratori in ottemperanza alle norme vigenti in materia, sia a livello nazionale che europeo e, al contempo, i diritti umani dei detenuti – afferma – sarebbe la cessazione dell’utilizzo dell’Istituto quale Casa di Reclusion; in ragione dell’antico impianto borbonico, sarebbe opportuno riconvertire la struttura in uno spazio museale: me ne farò promotrice a fronte delle innumerevoli criticità in atto”.
“Inoltre – aggiunge – alla città sarebbe restituito così un immobile di notevole significato e valore, storico e artistico, che diventerebbe un polo museale e culturale al posto dell’attuale carcere”.
Il progetto, dunque, prevederebbe un’utilizzo completamente diverso della struttura, che il 2 settembre 2014 è stata trasformata da Casa Circondariale a Casa di Reclusione.
“Infine – conclude – sono venuta a conoscenza del fatto che nessuno dei detenuti o del personale adddetto è stato sottoposto a tampone ma solo a test sierologico, e che solo ai detenuti in rientro dai permessi premio viene imposta la quarantena di quattordici giorni, retribuita: al contrario, per il personale impiegato nella struttura, che interagisce con i ristretti nella quotidianità, nessuna misura anti- Covid 19 è applicata, al netto della misurazione della temperatura all’ingresso; si tratta di scelte contraddittorie che devono essere affrontate e superate al più presto”.