Oltre alla vittoria di Mahmood e Blanco, ampiamente prevista, e quella di Amadeus, mattatore all’Ariston, a Sanremo c’è stata un’altra vincitrice: Sabrina Ferilli. Una donna che ha una marcia in più. Forse perché è una romana verace, con la maturità regalatale dall’età. O forse perché ha un Oscar in bacheca. Sta di fatto che all’Ariston ha lasciato il segno. Con un monologo da applausi, bello, mirato, non pesante. Che, furbescamente, aveva detto di non volere fare. Alla fine a qualcuno, di certo, saranno fischiate le orecchie. Amadeus, come fa sempre, ad un certo punto le ha lasciato carta bianca : «Vai, il palco è tuo». Ma l’attrice ha preferito non restare sola, per non dare una dimensione pesante al suo intervento. Ha chiesto al conduttore di restare, che è diventato la sua spalla. «Non ho un monologo, vieni qua con me va…», ha detto, prima di mettersi comoda assieme ad Amadeus sugli scalini.
E da quel momento è cominciato il suo “non monologo”. Ha raccontato, con una certa ironia, che aveva fatto riunioni di famiglia per scegliere l’argomento da trattare. Ha detto che avrebbe potuto parlare delle donne, che lavorano, tengono i figli e fanno un sacco di altre cose. Ma ha aggiunto: «Figli non ne ho, ho il marito benestante, che parlo di che?». E da qui in poi ha elencato con uno spassoso accento romano i temi importanti degni di un monologo: gli uomini ai vertici dappertutto, degli sforzi per inseguire la bellezza, delle dipendenze affettive. Ma, ha detto la Ferilli, di queste cose è meglio che ne parli chi «la ha vissute, chi ne ha la competenza». Ed ha ricordato che lei all’Ariston è stata chiamata «per la sua storia, i suoi amori, la sua carriera», cioè per il semplice fatto di essere se stessa, con il proprio percorso di vita. E che se ha fatto la scelta di non trattare argomenti importanti non significa che non sappia cosa succede, quante cose ci sono da cambiare e da aggiustare.
«Ho scelto la strada della leggerezza perché, come diceva Calvino, in tempi così pesanti, bisogna saper planare sulle cose con un cuore senza macigni e perché la leggerezza non è superficialità». E l’Ariston ha gradito, tributandole un lungo e meritato appaluso. Ma anche da casa in tanti, forse, hanno applaudito. Stanchi di alcuni lunghi monologhi e pistolotti ammanniti nelle serate precedenti. Spesso con temi avulsi dal clima festaiolo della kermesse di San Remo. Temi importanti ma da trattare in altri contesti più consoni. Come il monologo contro il razzismo di Lorena Cesarini. L’attrice italo-senegalese di Suburra, di certo non ha brillato per spontaneità. A Sanremo ha detto: «Ora, a 34 anni, scopro che non sono un’italiana come tante, che resto una nera», elencando alcune frasi razziste che le sono state rivolte sui social quando si è saputo della sua partecipazione al Festival.
Ma solo una settimana la Cesarini in una intervista pubblicata dal settimanale Oggi, aveva detto cose ben diverse: «Gli attacchi sui social? E vabbè, parlare di odio razziale per un paio di post mi sembra una montatura… La mia italianità viene prima del colore della pelle, non sono mai stata vittima di razzismo». E allora? E il monologo sul palco dell’Ariston condito dalle lacrime? Forse è meglio che si ascolti bene la “lezione” di Sabrina Ferilli, sicuramente priva di retorica e di contraddizioni.