Agente morto suicida al carcere Ucciardone di Palermo, l’emergenza e le carceri degli invisibili
La settimana scorsa, nel carcere Ucciardone di Palermo, un agente della polizia penitenziaria si è suicidato mentre era in servizio sul muro di cinta della Casa Circondariale. Il corpo è stato ritrovato in una pozza di sangue da un collega che doveva dargli il cambio, lasciando l’intero personale sotto shock. È il settimo poliziotto a togliersi la vita nel 2024 all’interno delle carceri.
Trattare di un suicidio è sempre complicato perché sappiamo bene che a provocare un simile gesto estremo contribuiscono una serie di concause, vicende personali e private che sembrano risucchiarti in un buco nero senza di via di fuga, come nel caso specifico dell’agente palermitano. Ma questo non può che porre un campanello d’allarme anche sulle ragioni connesse al lavoro. Turni estenuanti, uno stipendio dignitoso solo se ci si ‘ammazza’ con gli straordinari, la mancanza di un supporto psicologico adeguato.
Ballotta: “Il fattore piscologico nel nostro lavoro è dietro l’angolo”
A parlarcene è Domenico Ballotta, segretario generale della FNS Cisl Sicilia, alla guida della categoria che rappresenta, tra gli altri, i lavoratori della polizia penitenziaria. “Il nostro lavoro è particolare, logora sia fisicamente che mentalmente. Il collega aveva gravi problemi personali e familiari, ma nulla toglie che lo stress lavorativo non vada a sommarsi ad altri fattori. Lo dico sempre, l’elemento psicologico è dietro l’angolo e non avere un adeguato supporto può poi tristemente portare all’estremo gesto compiuto dal collega che ha lasciato tutti noi traumatizzati”, dichiara Ballotta.
L’emergenza carceraria che riguarda tutti
Il segretario lancia poi un appello alle Istituzioni: “Chiediamo al governo e alle Istituzioni di prestare attenzione al mondo penitenziario, e non per creare polemiche ma per cercare davvero di prendere seri provvedimenti. Stiamo vivendo, in tutta Italia, un’emergenza carceraria senza precedenti, tra il sovraffollamento delle carceri e la carenza di personale. Tutto questo porta a non avere diritti soggettivi sacrosanti per legge. Facciamo turni che in questo momento non sono di 6 ore ma sono stabiliti per 8. Come purtroppo sappiamo, sono anche ormai frequenti le aggressioni nei confronti del personale. Se alleghiamo ai diritti negati i fattori personali, la somma può portare a queste scelte fatto che lasciano il segno. Abbiamo anche reclusi che non dovrebbero essere portati in carcere, detenuti malati che non possono stare nei distretti senza un’adeguata funzione custodiale e trattamentale. Oggi il personale si fa carico anche di questi detenuti, e la situazione non può che diventare un’altra bomba ad orologeria”, conclude Ballotta.