Agente Ucciardone agiva da talpa: droga, telefonini e 5 arresti nel carcere palermitano

I tre cellulari erano destinati al detenuto Fabrizio Tre Re, condannato con sentenza della Corte di Appello di Palermo per l’omicidio di Andrea Cusimano, in concorso con Calogero Pietro Lo Presti avvenuto al mercato del Capo nell’agosto del 2017

Un vero è proprio giro d’affari è quello messo su al carcere Ucciardone dal detenuto Fabrizio Tre Re, dalla moglie Teresa Altieri, da Rosario Di Fiore e da James Burgio, indicati come i “fornitori” con il decisivo aiuto di Giuseppe Scafidi, agente di polizia penitenziaria sospeso dal servizio, in forza presso il carcere di Palermo. Quest’ultimo avrebbe accettato somme di denaro per introdurre uno smartphone e due miniphone all’interno. I tre dispositivi erano destinati al detenuto Fabrizio Tre Re, condannato con sentenza della Corte di Appello di Palermo per l’omicidio di Andrea Cusimano, in concorso con Calogero Pietro Lo Presti. L’operazione denominata “Mobile phones in cell” è stata coordinata dalla Procura. Il gip di Palermo ha firmato i provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’agente di polizia penitenziaria Giuseppe Scafidi. 

UN LANCIO A “SCAVALCARE” E IL GIOCO E’ FATTO

I tre dispositivi elettronici erano destinati al detenuto Fabrizio Tre Re, condannato con sentenza della Corte di Appello di Palermo per l’omicidio di Andrea Cusimano, in concorso con Calogero Pietro Lo Presti avvenuto al mercato del Capo nell’agosto del 2017. E’ per 500 euro che Scafidi, l’agente penitenziario dell’Ucciardone si sarebbe fatto corrompere. Attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali sono stati inoltre acquisiti ulteriori elementi di prova relativi ad un commercio illecito di sostanze stupefacenti. Particolare la modalità con cui la droga e i cellulari riuscivano a fare breccia nel carcere: Le immagini dei sistemi di videosorveglianza hanno permesso di immortalare diversi “lanci” commissionati dai detenuti comunicando telefonicamente con l’esterno.

ALL’UCCIARDONE UN VERO E PROPRIO COMMERCIO DI CELLULARI

Dentro al carcere c’era un vero e proprio commercio di miniphone e Sim card, con tanto di “tariffari”. Nel registro degli indagati sono stati iscritti anche due reclusi che avrebbero promesso a Scafidi tra i 1000 e i 1.500 euro per avere un telefonino in cella. Il cellulare consente infatti, come hanno accertato gli agenti, di proseguire il controllo delle attività illecite anche dall’interno del carcere e di godere di maggior prestigio tra i detenuti.

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