Ai boss piacciono i bar: li possiedono, li controllano e tengono d’occhio il quartiere 

Dalle dichiarazioni dei pentiti e dai particolari emersi nell’ultimo blitz “Mani in pasta” di martedì scorso, è venuto fuori che la famiglia Fontana disponeva di decine di bar, direttamente o indirettamente

Tradizionalmente per le famiglie mafiose i bar rappresentano un modo facile per investire e ripulire denaro. Se ne possono aprire tanti, anche servendosi di prestanomi,. Un bar con annessa tabaccheria, con le macchinette e le lotterie oltre alle normali somministrazioni, rappresenta un buon investimento. Inoltre, un bar in ogni strada di passaggio, centrale e periferica, rappresenta un sistema di controllo capillare del quartiere. Generalmente vengono affidati a persone amiche, prestanomi, e dove non è possibile vengono controllati con i loro uomini che vengono assunti come baristi. Inoltre le famiglie possono penetrare nei bar anche un po’ alla volta, imponendo le loro forniture, le loro slot machine il loro caffè o il loro ghiaccio.

LA FAMIGLIA FONTANA BARISTA

Oggi Repubblica Palermo fa un breve excursus dell’attività da barista della famiglia Fontana dell’Acquasanta, uno dei clan protagonisti dell’ultimo blitz,  “Mani in pasta”. I Fontana hanno cominciato trent’anni fa ad interessarsi di “cappuccini e cornetti” proprio nel loro quartiere, con un bar in piazza Acquasanta. Poi negli anni ne hanno aperto e chiuso a decine nella città, ed hanno sempre fruttato bene. È stimato che da questa attività nella cassa di famiglia gestita dalla mamma e da una sorella del boss Giovanni Fontana, arrivasse oltre un milione di euro l’anno.

I BAR SEQUESTRATI

Che in effeti i bar rappresentassero uno dei business più importanti dei Fontana, si capisce anche scorrendo l’elenco dei  sequestri effettuati nel blitz di martedì. Repubblica ne fa l’elenco. Fra i beni sequestrati c’è il bar Cialdamore di via Bergamo e il bar Cin Cin di via Montepellegrino intestato ad un prestanome. Sono intestati a prestanomi anche “Stefa piccolo Bar” sempre in via Montepellegrino, e “Mangio, bevo, scommetto”, di via Cimbali ed un bar internet point. Ma è stata sequestrata  anche una  taverna di via Ammiraglio Rizzo, intestata a Bonura Antonino.