Aldo Naro ucciso in discoteca a Palermo, la lettera dei genitori: “Vale così poco la vita di una persona?”

aldo naro

Sono passati otto anni dall’uccisione di Aldo Naro, il giovane medico nisseno ucciso nel giorno di San Valentino in seguito ad una rissa scoppiata nella discoteca Goa, a Palermo. I familiari del ragazzo non riescono a darsi per la scomparsa del ragazzo. Intanto, è in corso il processo per omicidio che vede imputati tre buttafuori del locale.

“Ciao, io sono Aldo Naro”, la lettera dei genitori del medico ucciso

Proprio i genitori di Aldo Naro hanno deciso di scrivere una lettera nella quale danno voce al figlio, dall’aggressione ad oggi.

“Ciao,
io sono Aldo Naro,
sono un medico chirurgo abilitato alla professione.
Ho sacrificato tutto per diventarlo,
ho sacrificato me stesso per esserlo meglio di come avrei potuto.
Ho studiato, tanto.
Ho dormito veramente poco.
Ho sacrificato amori, amici e il mio tempo libero per essere la migliore versione di me.
Sicuramente l’ho fatto per rendere orgogliosi i miei genitori ma, principalmente, l’ho fatto per me stesso.
Io sono riuscito quasi a coronare il mio sogno, perché sì io volevo essere un medico
ma volevo diventare dentro il mio cuore
un ottimo cardiologo.
Avrei dato me stesso per esserlo ma non è stato possibile, perché io da 8 anni ho soltanto 25 anni.
Sono stato ucciso a calci nella mia parte più preziosa
nella mia testa
sono stato preso alle spalle, sono stato buttato a terra, mi hanno dato calci in testa, nelle costole perforandomi il polmone, mi hanno rotto il naso, schiacciato le dita, mi hanno rotto l’osso del collo a furia di calci
cercavo di dire basta, di tirarmi su, cercavo di chiedere aiuto ai miei amici
Sono morto soffocato dal mio stesso sangue.
in tutto ciò, nessuno ha fatto niente per me
ma non avrei mai chiesto da medico che qualcuno donasse la sua vita per me
ma nessuno, neanche i miei colleghi hanno saputo prestarmi soccorso
nessuno mi ha aiutato
tutte le persone intorno a me si sono limitate a guardare, senza emozioni, quello che mi stava accadendo.
in pochi minuti sono stati cancellati tutti i miei giorni futuri senza pensarci due volte,
sono morto da solo
in un marciapiede del giardino interno di una discoteca al freddo, in camicia, buttato fuori a calci
con plurime emorragie cerebrali,
sono morto da solo
per un motivo a me sconosciuto.
da 8 anni la mia storia non riesce ad avere giustizia.
Di tutti i presenti, nessuno è dico Nessuno ha dato la versione reale di quello che mi è successo.
da 8 anni i miei genitori vanno di udienza in udienza, da processo a processo in virtù della speranza,
la speranza che i miei assassini paghino col carcere per ciò che mi hanno fatto.
quanto deve aspettare una persona, un uomo, un medico incensurato per avere giustizia?
per lo Stato vale così poco la vita di una persona?
io volevo soltanto essere una brava persona e un bravo medico.
Non avevo fatto nulla di male per meritare una fine così disumana”.