Ambulatori medici chiusi: la riforma Meloni nuoce anche alla salute | Non visitano più in studio

Ambulatori medici - fonte pexels - palermolive.it
I medici di base sono sempre di meno e questo rende difficile per i pazienti avere una giusta assistenza, qualcosa sta per cambiare
La proposta di legge che prevede l’inquadramento dei medici di base come dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale ha suscitato un’ondata di perplessità e critiche da parte dei sindacati. Il progetto, che riguarderebbe i nuovi medici mentre quelli già in servizio potrebbero scegliere se aderire o mantenere lo status di liberi professionisti, è visto come un cambiamento epocale per la medicina di famiglia. Tuttavia, le perplessità sul nuovo assetto organizzativo sollevano dubbi sulla sua efficacia e sostenibilità.
Secondo la bozza della riforma, i nuovi medici di base dovrebbero garantire una copertura dalle 8 alle 20, operando sia nei propri ambulatori che nei presidi territoriali, con un impegno settimanale di 38 ore. Questa nuova organizzazione è vista con preoccupazione da molti professionisti, che temono un ulteriore aggravio dei carichi di lavoro senza reali miglioramenti per il servizio sanitario. La riforma nasce con l’intento di rendere più capillare la presenza dei medici sul territorio, ma per i sindacati il rischio è quello di disincentivare sempre più giovani a intraprendere questa carriera.
Secondo i sindacati la proposta non tiene conto della realtà quotidiana della professione. L’idea di un medico di base dipendente, con orari rigidi e nuove responsabilità, non farà altro che ridurre ulteriormente l’attrattiva della medicina di famiglia, già oggi poco considerata dai giovani laureati in medicina. L’impressione diffusa tra i professionisti è che chi ha redatto la proposta non abbia una conoscenza reale delle difficoltà quotidiane di chi lavora sul campo.
Un segnale evidente della crisi della medicina generale arriva proprio dalle borse di studio per la specializzazione. Molte sono rimaste vacanti, segno che sempre meno giovani vedono nella medicina di base un futuro lavorativo stabile e gratificante. Le condizioni di lavoro dei medici di famiglia sono diventate insostenibili, tra burocrazia crescente, carichi di lavoro sempre più pesanti e compensi che, seppur apparentemente dignitosi, devono coprire molte spese professionali.
Un carico di lavoro difficile da sostenere
L’idea che la riforma possa migliorare la qualità del servizio sanitario non convince chi lavora sul campo, soprattutto considerando il fatto che la carenza di medici è già oggi una realtà. Pesaresi sottolinea come la medicina generale sia già sottoposta a una pressione costante, con ambulatori pieni, richieste continue e una burocrazia che sottrae tempo alla cura diretta del paziente.
Un ulteriore problema riguarda la copertura medica nelle aree più disagiate, come le zone montane e i piccoli centri abitati. In questi territori, trovare nuovi medici disponibili è sempre più difficile e la riforma non sembra offrire soluzioni concrete. Se un medico lascia il servizio in un’area poco attrattiva, la sua sostituzione diventa un’impresa complicata, con conseguenze dirette sui pazienti, che si trovano a dover affrontare lunghe attese o spostamenti per ricevere assistenza.

Le cause della crisi della sanità territoriale
Molti medici lamentano il fatto che le problematiche della sanità vengano spesso attribuite al malfunzionamento della medicina generale, quando in realtà il problema è molto più ampio. Il sovraffollamento dei pronto soccorsi, le lunghe liste d’attesa e la carenza di posti letto negli ospedali non dipendono solo dai medici di base, ma da una gestione complessiva del sistema sanitario che fatica a rispondere alle esigenze della popolazione. Anche le nuove strutture territoriali, come i Centri di Assistenza Urgente (CAU), non sembrano aver risolto il problema dell’affollamento ospedaliero.
La proposta di legge, se approvata, potrebbe segnare un cambiamento radicale per la professione del medico di famiglia, ma i sindacati avvertono che senza una riforma strutturata e condivisa si rischia di peggiorare una situazione già critica. Il timore è che, invece di rendere la medicina generale più efficiente e attrattiva per i giovani, la riforma finisca per allontanare ancora più medici, aggravando la carenza di personale e aumentando le difficoltà dei pazienti nell’accesso alle cure primarie.