Arresto di Matteo Messina Denaro, quando la cattura del boss non fa contenti tutti
Pensare che tutti si fossero riuniti davanti al televisore alla notizia dell’arresto di Messina Denaro, brindando e tenendosi stretti, era un’utopia cui ci sforzavamo di voler credere. Eppure nel maggio del 1992 ai detenuti di Palermo non risultò così complicato.
Subito dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, l’ex super latitante di Cosa Nostra, il pupillo di Totò Riina, i media stanno portando alla ribalta una realtà che forse tutti ci aspettavamo esistesse, ma che in fondo speravamo di non vedere.
Sì perché speravamo che tutti potessero gioire per aver consegnato finalmente alla giustizia l’uomo che, tra gli altri, ha ordinato la morte del piccolo Di Matteo, sciolto nell’acido a soli 14 anni. O ancora colui che è considerato l’ultimo detentore dei segreti dietro le Stragi di mafia del ’92, in cui vennero uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Le reazioni alla cattura di “u siccu”
Abbiamo visto i carabinieri del ROS abbracciarsi commossi subito dopo la cattura di “u siccu”, la gente applaudire per le strade e ritrovarsi all’uscita della caserma al grido di: “Palermo è nostra e non di Cosa Nostra”. Immagini che ci hanno fatto un certo effetto mostrandoci come la cultura dell’antimafia, quella vera, non si sia assopita nonostante il passare degli anni.
Speravamo valesse così per tutti, ma ci sbagliavamo. Pensare che tutti si fossero riuniti davanti al televisore alla notizia dell’arresto di Messina Denaro, brindando e tenendosi stretti, era un’utopia cui ci sforzavamo di voler credere. Eppure nel maggio del 1992 ai detenuti di Palermo non risultò così complicato. Alla morte di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della loro scorta, quando 500 kg di tritolo squarciarono l’autostrada nei pressi di Capaci, al carcere dell’Ucciardone festeggiarono all’interno delle loro celle come se fosse l’ultimo dell’anno. Perché non siamo stati capaci di fare tutti altrettanto?
“Ci abbiamo mangiato sempre tutti”
Quello che fa ancor più paura dei mafiosi, di quelli che uccidono, di quelli che trattano, sono coloro che convivono con la cultura mafiosa pur non essendo dei boss. Tizio che non comprende cosa ci sia da gioire dopo l’arresto di Messina Denaro perché nei suoi 30 anni di latitanza “tutti c’hannu manciatu”. Sostanzialmente, la mafia che dà lavoro e sostegno a chi ne ha bisogno. Un vecchio e terribile cliché di cui siamo stanchi ma che si ripete ancora sistematicamente in alcune, troppe, realtà. Ci sono i sussidi erogati dal Governo, imprenditori per bene che non riescono a trovare dipendenti, eppure la strada più semplice e conveniente, per alcuni, resta quella di andare a bussare al boss di turno per assicurarsi il benestare. Una sorta di assicurazione sulla vita a buon prezzo.
Non vedo, non sento, non parlo
C’è poi quello che preferisce non dir nulla perché non sa nulla. L’omertà, altra grande piaga della nostra Isola, che finisce per diventare una barzelletta. Nel 2023, far finta di non conoscere il latitante più ricercato d’Italia e tra i 10 più pericolosi al mondo, ammettiamo, fa anche un po’ ridere. E piangere al tempo stesso. Oppure sa benissimo di chi si sta parlando ma è sempre meglio non commentare. In fondo, “si stava bene anche prima”. Vorrà dire che per alcuni il problema della Sicilia resta sempre e soltanto uno: “il traffico”.
“ComBlotto”
Poi c’è il “complottista”, quello che proprio non riesce a gioire perché “ci stanno prendendo in giro, è tutto calcolato”. Grande sconfitta nei confronti delle Istituzioni e dello Stato. Mi chiedo allora a chi decida di dare la propria fiducia, da chi si senta esattamente protetto. Ciascuno può avere il proprio pensiero sulla cattura ma il fatto che l’uomo, il quale amava vantarsi di aver ucciso ed ordinato l’uccisione di così tanta gente da poter riempire un cimitero, si trovi adesso in carcere, come fa soltanto a non solleticarvi il pensiero che una battaglia sia stata vinta? Che poi la mafia non sia stata del tutto sconfitta, questa è cosa risaputa. Ma davvero pensate che, rispetto al punto di partenza, ci ritroviamo adesso dove siamo solo per “merito” del libero arbitrio lasciato agli ultimi padrini e non all’impegno della Magistratura e delle Forze dell’ordine? Le stesse che continueranno ad andare avanti nelle indagini per smantellare la rete di silenzi che da troppo tempo ci attanaglia. Siamo molto più delle congetture, ammettiamolo per una buona volta.
“La mafia non è invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”, Giovanni Falcone.