Arriva la tassa anche sulle mance: c’è l’ok della Cassazione

Secondo la Corte Suprema anche le mance sono da considerare reddito da lavoro dipendente

mance

Le mance vanno tassate come qualsiasi altro reddito di un lavoratore, perché si tratta di somme ricevute in ragione del rapporto di lavoro. Lo ha stabilito la sezione tributaria della Corte di Cassazione, nell’ambito di una causa che vedeva l’Agenzia delle Entrate contestare al capo ricevimento di un hotel di lusso della Costa Smeralda l’evasione di circa 84mila euro ricevuti sotto forma di mance dai clienti del suo albergo. Soldi che l’Agenzia aveva catalogato come reddito da lavoro dipendente non dichiarato.

La Commissione tributaria regionale aveva accolto il ricorso del capo ricevimento, ritenendo non tassabili le mance per la loro “natura aleatoria”. E in quanto “percepite direttamente dai clienti senza alcuna relazione con il datore di lavoro”. La Cassazione, invece, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Secondo quest’ultima “deve essere condiviso l’assunto dell’Amministrazione finanziaria” per cui “l’onnicomprensività del concetto di reddito da lavoro dipendente giustifica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, anche, quindi, come nel caso in esame, non direttamente dal datore di lavoro, ma sulla cui percezione il dipendente può fare, per sua comune esperienza, ragionevole, se non certo, affidamento”.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

Le mance non “condivise” con il fisco, secondo la Suprema Corte, rientrano nel quadro normativo che detta una sola linea per il reddito da lavoro dipendente, sia ai fini fiscali sia contributivi. I giudici di legittimità avvertono dunque avvertono che “in tema di reddito da lavoro dipendente, le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, in relazione alla propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’articolo 51, primo comma, del Dpr 917/1986, e sono pertanto soggette a tassazione”.