Assolto lo studente 20enne che uccise il papà per difendere la madre

La sentenza del processo che vede assolto uno studente ventenne che uccise il padre violento per difendere la madre. “Il fatto non costituisce reato”

Dopo una camera di consiglio durata quasi sei ore, è arrivata la sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Torino nel processo dove era imputato Alex Pompa, uno studente ventenne che il 30 aprile del 2020, a Collegno, nel Torinese, uccise il padre Giuseppe, di 52 anni. Per difendere la madre dall’ennesima violenza. La Corte ha pronunciato questa assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”. Alex allora aveva 18 anni, e stava per sostenere l’esame di Maturità. Il 30 aprile del 2020 nella casa della famiglia Pompa a Collegno si stava consumando l’ennesima lite violenta. Nel tentativo di difendere la mamma il diciottenne colpì con un coltello decine di volte il padre. Subito dopo fu lui stesso ad allertare i soccorsi e confessare tutto alle forze dell’ordine. Dopo l’omicidio, il Tribunale del riesame di Torino ha accolto la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati difensori del giovane. Che aveva potuto scontare la pena ai domiciliari, nella casa di un compagno di classe, in vista dell’esame di Maturità. Che poi ha sostenuto e superato a pieni voti. Oggi frequenta con lo stesso profitto l’Università.

IL PM “COSTRETTO” A CHIEDERE 14 ANNI

In una delle ultime udienze, il pm Alessandro Aghemo aveva chiesto per Alex una pena di 14 anni: «Sono costretto a chiedere 14 anni di carcere per l’imputato. Il codice mi impedisce di chiedere la prevalenza delle attenuanti sull’aggravante del vincolo di parentela e quindi una pena inferiore. Valutino i giudici se questa norma è ragionevole”. Aveva invitato quindi la stessa Corte di Assise a sollevare una questione di legittimità costituzionale sulla norma. In sede processuale il padre stato descritto come come una persona “ossessiva, aggressiva, molesta e problematica”. La moglie, Maria Caiola, aveva detto in aula che nelle ore precedenti all’omicidio era stata chiamata “101 volte” dal marito per questioni di gelosia. Aggiungendo che nel corso dei mesi lei e i figli registravano le sue continue sfuriate “perché pensavamo che ci avrebbe ammazzato”.

UNA DRAMMATICA SITUAZIONE FAMILIARE

L’avvocato difensore dello studente nella sua arringa aveva spiegato la drammatica situazione familiare vissuta in quella casa a Collegno. E per far rivivere quella situazione ai giudici, aveva fatto ascoltare in aula 250 registrazioni shock. Oltre nove ore di audio in cui le urla e le minacce, gli insulti e le aggressioni tra marito e moglie avevano turbato l’uditorio. «Vi rendete conto ─ aveva detto l’avvocato ─ che cosa ha vissuto Alex? Non poteva studiare, non poteva dormire, non poteva vivere. Ogni sera si coricava solo dopo aver abbracciato a lungo sua madre, temendo di risvegliarsi e non trovarla più.

CONTENTI DELLA SENTENZA

A caldo lo studente ha commentato: «Siamo tutti contenti, ce lo meritiamo. Solo noi sappiamo quello che abbiamo vissuto, abbiamo visto l’inferno. Ora avremo una vita finalmente vera, normale, come tutti i ragazzi. Con una madre e un fratello accanto. Ringrazio la Corte, abbiamo sempre confidato nella giustizia e abbiamo sentito davvero il supporto di tutti nonostante tanti momenti duri. La prima cosa che faremo è andare a casa e abbracciarci. È stata una giornata pesante. Questa è giustizia, abbiamo vinto noi». Il fratello Loris ha aggiunto: «Abbiamo visto la morte in faccia, Alex ci ha salvato la vita».