Assostampa vicina a Valerio Tripi: 20 anni di precariato ed ora il mancato rinnovo

“Noi non ci rassegniamo, continueremo ad impegnarci per cambiare la condizione di tutti i precari”, afferma Assostampa in una nota

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Giunge all’epilogo, nel modo più amaro, la ventennale storia del giornalista Valerio Tripi con il quotidiano “La Repubblica”. Tripi, nell’agosto scorso, aveva chiesto l’assunzione. Di tutta risposta, però, la testata ha deciso di dargli il ben servito, non rinnovando il suo contratto in scadenza a fine 2021.

Dopo aver fatto parte della redazione de ‘la Repubblica’ a Palermo, sin dai primi tempi dell’uscita del quotidiano in Sicilia, al giornalista Valerio Tripi non verrà rinnovato il suo contratto – Esordisce la nota di Assostampa -. Così gli è stato comunicato dall’azienda l’otto dicembre scorso, quando aveva già abbondantemente superato la quota di articoli previsti dal contratto scaduto il 31 dicembre. Un numero di articoli che ha sempre oltrepassato di molto quelli previsti da ognuno dei contratti da “cococo strutturato” che ha firmato negli ultimi cinque anni. L’azienda ha deciso di non farlo più scrivere, come è accaduto al collega Massimiliano Salvo a Genova, che ogni giorno, per undici anni, ha proposto al giornale il proprio contributo. Contratto da precario (con partita Iva) non rinnovato.”

Valerio ha assicurato al suo giornale qualcosa come 500 articoli all’anno – prosegue il comunicato di solidarietà -. Ha coperto le notizie sul Palermo calcio quotidianamente, ed è stato sempre pronto a scrivere sia per il quotidiano di carta che per il sito di Repubblica. Un impegno che ha superato il ventennio senza arrivare mai a una conclusione lavorativa stabilizzata. Valerio deve fare i conti con la sua condizione precaria.

La sua firma da giornalista vale, ma non avere un contratto di lavoro stabile non gli consente di accendere un mutuo o chiedere un prestito – evidenzia Assostampa -. E come lui sono in tanti, anche nel suo giornale. Valerio è tra i ‘giovani’ che hanno dato vita al coordinamento nazionale dei precari di Repubblica, ed è da tempo impegnato nel sindacato, oggi come vicepresidente regionale dell’Ussi, l’Unione stampa sportiva italiana.

UNA STAMPA “SENZA PROSPETTIVE”

Per mesi il coordinamento ha sollecitato incontri all’azienda e alla direzione del giornale – prosegue il documento approvato in consiglio regionale – . Sono proprio i giorni in cui i giornalisti italiani raccontano le storie dei riders che consegnano pizze alle famiglie murate dal covid. Ogni riga trasuda sdegno. Un rider dell’informazione, un giornalista precario, intanto pesta sui tasti del pc per un compenso che non ha alcun grado di parentela con quello percepito dal suo più anziano ‘compagno di squadra’. Stesso lavoro, stesso tempo, stesse regole deontologiche. Due galassie diverse: l’una è nella costellazione del contratto nazionale di lavoro, l’altra no. Una è tutelata. L’altra deve ogni giorno correre per mettere insieme il pranzo e la cena”

La storia di questi mesi è lo specchio dei tempi – si evidenzia con amarezza nella nota -. Purtroppo, nonostante l’impegno Il comitato nazionale dei precari non cava un ragno dal buco. Alcuni precari quasi una ventina in tutta Italia, tra cui Valerio, insieme con Massimiliano Salvo che a Genova vive la stessa situazione, tentano allora un’altra strada per provare a vedersi riconoscere qualche diritto: l’azione legale. Un’azione sostenuta dal sindacato dei giornalisti sia nazionale che a livello territoriale dalle associazioni siciliana e ligure. Ma l’azienda ha deciso di opporsi ad ogni tipo di iniziativa, scegliendo di interrompere perfino quel contratto precario piuttosto che stabilizzarlo. Altro che tutele crescenti. Altro che modernità. O mangi sta minestra o salti dalla finestra. È la stampa precaria, bellezza. O meglio è la stampa di oggi, senza prospettive dopo anni di lavoro precario.

Ma noi non ci rassegniamo – Conclude Assostampa-. Il sindacato resta in trincea. Oltre a descriverla con sdegno ci ostiniamo ad impegnarci per cambiare la condizione di tutti i precari e dare cittadinanza al lavoro”.

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