L’autoinsulto omofobo di Fognini alle Olimpiadi: poi chiede scusa | VIDEO
Le intemperanze di Fognini in campo non sono una novità. Sui social prova a spiegare: «Amo la comunità Lgbt, il caldo dà alla testa»
Dopo l’ennesimo errore in campo, l’autoinsulto destinato a sollevare polemiche di Fabio Fognini. E poi le scuse. Ancora una volta il tennista italiano è riuscito a far parlare di sé non solo per imprese sportive. Alle Olimpiadi di Tokyo, durante il recentissimo incontro disputato e poi perso contro il russo Medvedev, il tennista italiano si è lasciato andare ad insulti omofobi contro se stesso, proprio mentre capiva che il match stava volgendo irreparabilmente a favore dell’avversario. “Sono un froc…”, ha esclamato più volte Fognini, dandosi dell’omosessuale con toni decisamente sopra le righe.
DOPO LA SBROCCATA LE SCUSE
La sbroccata del tennista, catturata dalle telecamere e dai microfoni olimpici, è diventata immediatamente un caso. Ed ha trovato sui social quella cassa di risonanza che ha ingigantito ulteriormente lo scivolone. Forse opportunamente consigliato da qualcuno, Fognini poco dopo si è scusato. Dopo il match delle polemiche, dal quale era uscito sconfitto, il tennista azzurro ha scritto su Instagram: “Il caldo dà alla testa! Nel match di oggi ho usato un’espressione davvero stupida verso me stesso. Ovviamente non volevo offendere la sensibilità di nessuno. Amo la comunità Lgbt e mi scuso per la sciocchezza che mi è uscita. Ora vado in branda perché a Tokyo è notte”.
NON È NUOVO A QUESTI “INCIDENTI”
Certo queste intemperanze sono ingiustificabili. Lo sa anche lui, altrimenti non sarebbe stato così lesto a chiedere scusa via Internet. Ma per Fognini questi “capitomboli” non sono una novità. Il suo passato è pieno di incidenti del genere. Diede dello zingaro di m… al serbo Philip Krajinovic, si fece cacciare dallo Us Open per aver dato della “tr…” a una giudice di linea. E stiamo solo agli episodi più celebri, perché ci sarebbe dell’altro. Quest’anno si è fatto squalificare dall’Open di Barcellona per “verbal abuse”. È come se la maturità raggiunta non avesse intaccato quel guscio di follia nel quale spesso si richiude quando le cose vanno male in campo. Parte con dei soliloqui che non si sa mai dove vanno a finire. E anche ieri, sono andati male.