“Bagheria esoterica”: Piero Montana e le origini nascoste di Bagheria

Un viaggio all’insegna della memoria per riconquistare la propria identità

Montana

Un libro che critica gli storici che hanno rivolto uno sguardo superficiale alle vicende di Bagheria e che le legge, invece, secondo un filo esoterico che a quella storia restituisce densi significati. “Bagheria esoterica” di Piero Montana, edito da Amici di Plumelia, si pone l’obiettivo della ripresa di una memoria storica purtroppo spesso insabbiata. Una memoria oggi più che mai necessaria perchè alla base dell’identità di ogni singolo cittadino e dell’intera comunità.

Bagheria e la “fuga degli dei”

Da dove iniziare questo profondo percorso se non proprio dal nome del luogo? Quel “Bagheria” in cui spesso si è voluta vedere un’origine saracena, che rimanda ad una terra arenosa, mobile. Una etimologia che Montana paragona ad una “desertificazione culturale” piuttosto, prediligendo il greco Bacharia che rimanda invece ad una “terra sacra al dio Bacco”. A supportare l’ipotesi numerosi elementi. Si parte dalla foresta Bacharia, successivamente disboscata, privatizzata e spogliata di questo nome, fino al fiume Eleuterio, che si lega all’attributo greco di Dionisio/Bacco, “il liberatore”. Un appellativo dovuto forse proprio al fatto di bagnare le terre sacre al dio, produttrici di uva e vini pregiati.

“Con il sopravvento del Cristianesimo gli dei dovettero andare in esilio e da qui si assistette alla cosiddetta “caccia agli dei”, trasformati in demoni”, spiega Montana. Bacco venne cacciato dalle terre bagheresi lasciando tracce sparute che si è stentato a riconoscere.

“Quello che si è perso non è tanto il nome di un fiume o di una contrada, ma la geografia sacra delle nostre terre. La cosiddetta memoria storica è stata censurata in una sorta di rimozione. Questo libro è importante perchè scopre le nostre vere antiche origini”. Perché sia importante scoprirle lo spiega lo stesso Montana: “Se non si ha conoscenza delle nostre antiche origini siamo un po’ come degli esseri spiantati. Avere una nostra identità è molto importante”.

Palazzo Butera e la malinconia

“Bagheria esoterica” attraversa tre edifici bagheresi: Palazzo Butera, Villa Palagonia e la Certosa. “Un laboratorio alchemico, un laboratorio mistico e un laboratorio magico”, nella lettura di Montana.

Palazzo Butera rimanda al tema della malinconia. Qui Don Giuseppe Branciforti si rifugiò afflitto dalla perdita del figlio e da una vita travagliata. Abbandonata Palermo, Bagheria era diventato il luogo dove raffinare la propria anima per consegnarla a Dio. Un laboratorio alchemico, appunto, dove il vile diventa nobile. Qui sono incisi i versi della Galatea del Cervantes, versi autografi e l’emistichio di Torquato Tasso “O corte addio”, accomunati dal topos di una Arcadia intesa come luogo di rifugio.

Villa Palagonia, “liber mutus”

Laboratorio mistico è la celeberrima Villa Palagonia. Montana parla di incubo e premette di non possedere alcun certificato medico psichiatrico del principe di Palagonia. Il riferimento è, piuttosto, alle parole di un viaggiatore straniero, impressionato dal gran numero di animali scolpiti nella camera del principe. Uno scomparto dell’arca di Noè, la definì. L’incubo, precisa Montana, era quello dell’imminente diluvio che avrebbe spazzato via il mondo aristocratico, in declino davanti alle istanze democratiche illuministe. Idee figlie della ragione, contro le quali solo la fede e la preghiera potevano dare conforto al principe.

I corpi bassi di Villa Palagonia altro non sono che concreta rappresentazione dell’incubo del livellamento egualitario. Sono tutti sullo stesso piano: nani, giganti, signorotti, divinità, storpi. Per il principe era espressione del contro natura, poiché livellava tutti sullo stesso piano senza alcuna differenza.

Villa Palagonia è quindi un “liber mutus”, secondo Montana. Il principe espresse le proprie idee attraverso la pietra. Idee leggibili in chiave esoterica a pochi iniziati che sapessero “accostarsi e leggere Villa Palagonia”, spiega l’autore.

La Certosa e la necessità di fermare il tempo

Infine, la Certosa, costruita nel 1797 da Ercole Michele Branciforti, principe di Butera. “Laboratorio magico” per Montana, che pone enfasi sul crollo dell’Ancien Régime. La decapitazione di Luigi XVI fu un evento traumatico: “Si doveva arrestare il tempo a tutti i costi – spiega Montana –. L’aristocrazia, messa allo stretto (questa è la mia ipotesi), ricorre alle armi di bassa magia, incantesimi e sortilegi”. Ecco che il museo delle cere si popola, quindi, delle statue di Luigi XVI, Ferdinando III di Borbone, Ercole Michele Branciforti e altri illustri personaggi, tutti con dei sai bianchi.

Insomma, la lettura di Piero Montana è ricca di spunti e analisi profonde. Non c’è spazio per la banalizzazione, ma piuttosto una costante spinta verso l’approfondimento e la valorizzazione. D’altronde potrebbe mai esserci valorizzazione del territorio senza una reale conoscenza dello stesso?