Quello che sappiamo della Battaglia di Himera e delle migliaia di soldati che la combatterono, lo dobbiamo oltre che allo straordinario e infaticabile lavoro scientifico svolto dai nostri archeologi, anche banalmente ai lavori di raddoppio della linea ferrata che unisce Palermo con Messina, nel tratto di Buonfornello. Infatti, chi vuole eseguire opere e lavori su territori a rischio archeologico, così come è la piana di Buonfornello, deve prevedere somme per la sorveglianza e le indagini durante lo svolgimento dei lavori. E fin dal 2008, Rete Ferroviaria Italiana ha permesso agli studiosi della Soprintendenza dei Beni Culturali di Palermo, con un investimento di 17 milioni di euro, di effettuare scavi e indagini proprio in quel territorio teatro della battaglia, dove erano state già individuate in passato due necropoli.
Una campagna di scavi condotta tra il 2008 e il 2011, con la partecipazione di oltre 30 professionisti (archeologi, antropologi, disegnatori e restauratori) e decine di operai che hanno garantito un’assidua e qualificata opera per le ricerche sul campo e la documentazione preliminare e schedatura delle oltre 10mila sepolture individuate.
LA CITTA’ DI HIMERA
La colonia greca di Himera sorgeva in una posizione solitaria, vicina alla zona elima della Sicilia e, durante gran parte della sua storia, fu sempre in contatto con il mondo punico dell’ovest. La parte nord della città si protendeva verso il mar Tirreno, a distanza di circa due chilometri dalla riva del mare, spazio occupato da colline e dalla foce del fiume Imera. Al momento della Battaglia, nel 480 a.C., la città era sotto il controllo di Terone di Agrigento che aveva posto a presidio molti soldati. Questa astuta mossa indica che Terone, probabilmente, intuì in anticipo le intenzioni cartaginesi e, sfruttando la conformazione del territorio, posizionò nel migliore dei modi i suoi uomini a difesa della città. Sappiamo inoltre dalle fonti, che esercito e flotta cartaginesi, giunti a Palermo, avanzarono verso Himera, ponendo gli accampamenti probabilmente tra l’area della foce del fiume Torto e le zone collinari. Lo scontro finale avvenne tra gli accampamenti punici e la città e, quindi, anche sull’area della necropoli occidentale. Questa, ha restituito circa 10mila tombe, databili tra la fine dell’VII e la fine del V secolo a. C., offrendo uno straordinario panorama dei rituali funerari e di tanti altri aspetti della vita sociale e culturale della antica colonia greca di Himera.
IL RACCONTO DI DIODORO SICULO
In una delle pagine più drammatiche e commoventi della storia della Sicilia greca – lo scontro tra cartaginesi e greci – lo storico Diodoro Siculo ci racconta della Battaglia di Himera del 480 a. C. e ci fa comprendere come il ruolo dei cavalieri, in entrambi gli schieramenti, fosse stato di primaria importanza. Nel caso dei Punici, ci racconta della dolorosa perdita dei cavalli durante la navigazione tra Cartagine e Palermo che non consentì pertanto ad Amilcare di avvalersi totalmente dell’aiuto della sua cavalleria, fondamentale in uno scontro epocale come fu quello di Himera. Nel caso dei Greci, sappiamo come il tiranno di Siracusa, Gelone, grande stratega dell’esercito greco, al fianco di Terone d’Agrigento, contasse sull’apporto dei suoi cavalieri a cui affidò, fin dai primi scontri, incarichi e missioni di grande responsabilità.
LE INDAGINI ARCHEOLOGICHE
La scoperta direttamente legata alla battaglia è la grande fossa comune con migliaia di scheletri di soldati e le tombe contenenti i resti dei cavalli. Nel corso delle indagini, gli archeologi hanno studiato 27 scheletri di cavalli, oltre a resti sporadici che non consentono un conteggio preciso degli animali sepolti nello spazio della necropoli. Alla fine degli scontri, le carcasse degli animali furono deposte in semplici fosse scavate nel terreno sabbioso ad una profondità di un metro e mezzo. Gli scheletri sono stati rinvenuti in posizioni molto diverse, quasi sempre su di un fianco, con le zampe raccolte verso il corpo ma a volte anche distese. Questo fa pensare non a sepolture con un carattere rituale ma legate solamente alla necessità di seppellire grandi quantità di soldati e animali in seguito ad una sanguinosa battaglia. Ma altresì sembrano ricondurre a modalità “celebrative”, con una disposizione ordinata e collettiva che sembra dare risalto e in qualche modo onorare il sacrificio di questa grande quantità di giovani soldati caduti in battaglia.
LE TOMBE DEI CAVALLI
Alcuni di essi presentavano, al momento della scoperta, i segni ossei di armi da taglio, altri avevano all’interno del corpo le punte di freccia o di lancia che li avevano colpiti. Queste armi furono ritrovate tra le ossa al momento del rinvenimento. E’ quindi indubbio che, al di là dell’eccezionale risultato archeologico del rinvenimento delle numerose tombe di cavalli – fino alla fine del V secolo a.C., in Sicilia non esistono testimonianze simili – la scoperta riveste un particolare interesse storico perché si tratta proprio dei resti degli uomini e degli animali che parteciparono ad una delle guerre della Sicilia greca più significative e dal fortissimo valore simbolico. In queste sepolture, che insieme alle tombe dei soldati caduti in battaglia evocano un evento così drammatico, il ritrovamento di due particolari morsi ad anello applicati su altrettanti cavalli rappresentano una singolarità che apre importanti prospettive anche per l’inquadramento storico. Inoltre, essendo una tipologia pressoché estranea al mondo greco di età classica, potrebbero confermare in qualche modo la partecipazione di truppe mercenarie nei due eserciti, anche avvalorata dal rinvenimento nella necropoli di due schinieri bronzei (protezioni per le gambe dei soldati) tardo arcaici di tipo iberico.
IL MUSEO DELLA BATTAGLIA
Questa grande quantità di materiali, scheletri, oggetti, corredi, armi, sono stati scavati, analizzati, documentati, studiati e catalogati in sedici grossi container che per dieci anni sono rimasti in deposito nei pressi dello scavo. Grazie ad un finanziamento della Regione Siciliana e all’acquisto della vecchia stazione ferroviaria di Buonfornello, attualmente in disuso, la Battaglia avrà presto il suo museo. Un luogo dove verranno ricostruite le gesta dei due eserciti e dove verranno esposti i numerosi reperti recuperati. Oggi le migliaia di casse che contengono i materiali archeologici sono custodite all’interno dell’Albergo delle Povere di Palermo in attesa del completamento dell’iter burocratico per la realizzazione del nuovo museo. Intanto, presso il Museo Pirro Marconi di Himera, a pochi passi dal Tempio della Vittoria, lo scheletro di un cavallo con il morso circolare e una bella coppia di schinieri accompagnati da grandi riproduzioni fotografiche degli scavi, narrano una piccola parte della storia.
Quello della stazione di Buonfornello sarà un museo che sorgerà proprio nel luogo della battaglia, un valore aggiunto dal forte sapore evocativo ed emozionale che renderà il giusto merito allo straordinario lavoro di chi ha lavorato con passione e dedizione per tanti anni, per riportare alla luce la storia di un grande evento che rappresenta il più vivo e toccante ricordo dello scontro tra greci e cartaginesi: un passo della storia antica che ha profondamente cambiato la nostra storia moderna.