Beppe Alfano, Mattarella ricorda il giornalista siciliano ucciso dalla mafia 30 anni fa

“La lotta alla criminalità organizzata era per lui un impegno da perseguire con dedizione, all’insegna di una società libera dalla sopraffazione” ha ricordato il Capo dello Stato

A trent’anni dalla morte di Giuseppe Alfano, giornalista e docente ucciso da Cosa Nostra l’8 gennaio del 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto, suo paese natale, il Capo dello Stato ha ricordato il suo impegno civico unendosi al cordoglio dei suoi familiari.

Mattarella: “Inestimabile impegno civico”

“Beppe Alfano fu vittima di un vile attentato di matrice mafiosa mentre era alla guida della sua auto: un evento tragico che sconvolse la Città di Barcellona Pozzo di Gotto. I valori di legalità e giustizia, fondamento del nostro sistema democratico, a cui Alfano si ispirava nello svolgimento della sua attività, non furono scalfiti da un delitto così spregevole”, ha dichiarato Sergio Mattarella.

“Con le sue inchieste, Beppe Alfano narrava una realtà complessa con l’obiettivo di svelarne le verità contro ogni forma di connivenza e corruzione – ha continuato il Presidente della Repubblica – La lotta alla criminalità organizzata era per lui un impegno da perseguire con dedizione, all’insegna di una società libera dalla sopraffazione. Una dedizione che è rimasta impressa nella memoria collettiva: la sua immagine rappresenta un modello per le generazioni di ogni tempo. Il contrasto alle mafie è una responsabilità comune – ha sottolineato il Capo dello Stato – Il contributo di ciascuno è elemento imprescindibile per una effettiva cultura della legalità che sia esperienza e dovere sociale. La Repubblica rende omaggio alla sua memoria”.

Beppe Alfano: vita ed inchieste

Beppe Alfano aveva aveva 47 anni  quando i sicari gli spararono a sangue freddo all’interno della sua macchina. Viveva con lo stipendio di insegnante, senza mai abbandonare la sua più grande passione: il giornalismo d’inchiesta. Con la sua attività fece emergere importanti scandali: appalti irregolari, traffico di stupefacenti, intrecci tra mafia e amministrazioni. Due mesi prima della sua condanna a morte, l’ex presidente dell’AIAS, Antonino Mostaccio, aveva invano tentato di corrompere il giornalista offrendogli trentanove milioni di lire affinché non proseguisse la sua inchiesta sulle attività dell’associazione. Beppe Alfano aveva rifiutato, confidando alla figlia Sonia che non si sarebbe fermato.

Le condanne

La sentenza definitiva sull’omicidio di Alfano arriva soltanto nel 2006, con la condanna di Nino Merlino, quale esecutore materiale, e del boss Giuseppe Gullotti, come mandante.  A marzo 2022, la Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di revisione del processo a carico di Gullotti, presentata dai suoi legali nel 2019.

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