Terremoto nel Trapanese, tra arresti, perquisizioni e acquisizioni documentali in corso. Sono in tutto 21 le persone tratte in arresto nell’ambito dell’operazione “Scialandro”: 17 sono finite in carcere e 4 agli arresti domiciliari. L’operazione antimafia, coordinata dalla Dda di Palermo, si è rivolta nello specifico contro le famiglie mafiose di Custonaci, Valderice e Trapani, tutte appartenenti al mandamento di Cosa nostra del capoluogo trapanese.
Perquisite anche le abitazioni di diversi indagati e acquisita la documentazione tecnico-amministrativa e contabile presso il Comune di Custonaci, centro dell’hinterland trapanese noto come “città internazionale dei marmi” per la presenza del secondo bacino marmifero d’Europa. Si parla di circa 100 cave in attività e di una cinquantina di opifici industriali. Tra gli arrestati, figura l’ex vicesindaco Carlo Guarano. L’ex sindaco Giuseppe Morfino e un consigliere comunale di maggioranza in carica sono invece indagati a piede libero.
L’operazione “Scialandro” ha visto all’opera la sinergia tra la Dia di Palermo e Trapani, la squadra mobile della questura di Trapani, nonché il nucleo investigativo dell’Arma dei carabinieri di Trapani. L’indagine è durata due anni. Raccolti gravi indizi di colpevolezza per reati di natura associativa di stampo mafioso o comunque per reati connotati dall’aggravante mafiosa.
Nello specifico, le indagini hanno portato alla luce sinergie e rapporti opachi tra esponenti della vecchia amministrazione comunale di Custonaci e le consorterie mafiose, che riuscivano a imporre all’ente locale i nominativi dei beneficiari di contributi solidaristici per far fronte alle condizioni di disagio economico dovuto alla pandemia da Covid-19 o a pilotare l’affidamento di appalti pubblici in favore di ditte colluse o a loro riconducibili, anche per interposta persona. Una di queste imprese, peraltro, aveva proceduto all’assunzione fittizia di un ergastolano allo scopo di consentirgli di beneficiare della semilibertà.
Il controllo socio-economico del territorio veniva attuato anche attraverso estorsioni e intimidazioni nei confronti dei titolari di aziende agricole per dissuaderli dall’acquisto di terreni finiti nel mirino dei sodalizi mafiosi.