L’operazione «Bag» scattata la notte scorsa con diciassette destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare, ha assestato un duro colpo nel mandamento di Brancaccio. Ma il blitz ha avuto anche un valore simbolico: è avvenuto nel giorno in cui Palermo commemorava il giudice Falcone e le vittime della strage. Come a dire che la lotta alla mafia non si ferma. Secondo cli inquirenti il personaggio chiave dell’inchiesta su questo traffico di coca ed hashish è Giuseppe Giuliano. Uno che può vantare contatti importanti, oltre ad un’ostinazione a delinquere, come da lui stesso svelato in una intercettazione. «Io purtroppo ci sono in questa cosa, è la mia vita ─ ha confidato, non sapendo di essere intercettato ─. Io se non faccio questa vita muoio, mi sento sbirro…». Una scelta che se gli venisse negata, ha affermato, potrebbe portarlo persino all’estremo sacrificio: «Mi vado a prendere una pistola e mi sparo o me ne vado da Palermo… Perché sono cose brutte».
Questa la “filosofia” di Giuseppe Giuliano, 39 anni, arrestato dalla squadra mobile assieme ad altre 16 persone e ritenuto il personaggio centrale dell’inchiesta sullo smercio di droga, acquistata anche in Calabria. Nel 2018 avrebbe avuto contatti anche con Leandro Greco, nipote di Michele Greco, il “papa” di Cosa nostra. Finito poi in carcere, a dicembre di quello stesso anno, perché avrebbe tentato di ricostituire la Cupola. Inoltre, dall’ordinanza del gip Lirio Conti viene fuori che Giuliano stesso, originario di Cruillas, ha raccontato di essere stato “combinato con la famiglia mafiosa di Borgo Vecchio”, di essere poi passato a quella di Palermo Centro e infine di essere approdato a quella emergente di Ciaculli, capeggiata dal giovane Greco.