A designarlo, in qualità di commissario straordinario della “Calabria Film Commission”, era stata la compianta presidente della Regione Jole Santelli.
La governatrice voleva proprio lui, Giovanni Minoli, autore di progetti di successo in altre regioni, quali “Un posto al sole” in Campania e “Agrodolce” in Sicilia.
Una precisa volontà alla quale, dopo la sua morte, è stata data piena continuità dal presidente facente funzioni della Giunta regionale della Calabria, Nino Spirlì.
Sarà dunque il giornalista a dare forma al progetto di rilancio della fondazione dedicata ai prodotti televisivi regionali, onorando l’idea originaria della presidente: raccontare il territorio in modo diverso, al netto degli stereotipi narrativi e televisivi propri della ‘ndrangheta.
“Un mondo straordinariamente ricco, pieno di persone da scoprire e da raccontare”.
Con queste parole l’ex direttore di Rai Educational definisce la Calabria, manifestando grande entusiasmo in merito alla possibilità di realizzare “un nuovo romanzo popolare” nei luoghi dove, tra l’VIII e il V secolo avanti Cristo, sorsero alcuni tra i centri più importanti della Magna Grecia.
Un passato glorioso, del quale il territorio reca ancora le tracce, nelle aree archeologiche di rara bellezza e nelle collezioni ricchissime presenti nei musei, tra i quali svetta il Museo Nazionale della Magna Grecia a Reggio Calabria.
“Jole Santelli – spiega il giornalista – mi aveva cercato proprio perché desiderava un progetto che potesse tirare fuori l’anima e la bellezza della regione, raccontandola agli spettatori per quella che è”.
Un territorio foriero di continue sorprese, come ha raccontato lo stesso Giovanni Minoli, “emozionato per la scoperta dei paesaggi umani incontrati ogni giorno in Calabria”.
Una vera e propria dichiarazione d’amore per il territorio e gli abitanti che, secondo le intenzioni, dovrebbe tradursi in una “lunga serialità“.
Un’idea che introduce il concetto di “industria” : decisamente un cambio di passo rispetto al passato.
Al centro del progetto, c’è la fiction seriale: una vera e propria operazione di marketing territoriale dai risvolti occupazionali non trascurabili.
Non sono pochi, infatti, i giovani calabresi a loro agio con la macchina da presa.
Ma il loro potenziale talento viene messo alla prova dalle lungaggini burocratiche.
Un ostacolo che, però, appare superabile, anche in considerazione dell’estrema attenzione da parte della Regione, che ha preso parte alle prime riunioni di sceneggiatura.
Parola d’ordine: azzeramento.
Dell’immaginario ‘ndranghetista, ovviamente, con tutto il carico di luoghi comuni che ne derivano.
Voce e spazio ai calabresi perbene, davvero tanti, per diffondere una nuova visione del territorio.
L’elemento cardine della narrazione è la quotidianità, che restituisce allo spettatore la vera anima della terra: per colpire al cuore, per indurre alla riflessione.
Un’obiettivo da raggiungere svelando i volti e le storie delle persone comuni.
Non basta raccontare: in questo caso, il “come” è persino più importante del “cosa”.
Senza trascurare l’aspetto antropologico: la Calabria emoziona anche perché possiede una stratificazione culturale e religiosa che si presta particolarmente al sincretismo.
Una fiction girata e prodotta nel territorio può inoltre rappresentare un momento decisivo di superamento degli stereotipi ancora duri a morire.
Esiste ancora una percezione distorta, nell’immaginario collettivo, a causa di decenni di produzioni televisive e cinematografiche e figurative non sempre all’altezza di rappresentare la terra del Pollino.
Una delle regioni in assoluto più belle d’Italia che il New York Times ha eletto tra le cinquantadue mete turistiche imperdibili nel panorama mondiale.