“Quando i medici guariscono sono venerati e diventano eroi. Quando qualcosa va storto, anche nel caso di un fatto molto triste, l’adorazione si trasforma in odio e violenza”. Così il Presidente dell’Ordine dei medici di Palermo Toti Amato, dopo avere ricostruito insieme al responsabile dell’Unità operativa di Ostetricia e ginecologia Luigi Triolo, attraverso gli esami, la cartella clinica e le visite programmate, la tragica perdita del feto della ventinovenne in cura alla clinica Triolo Zancla. In seguito alla quale, nella serata di ieri, si era scatenato il caos, tra aggressioni fisiche e verbali contro i sanitari e la struttura ospedaliera.
“Si dimentica che anche la scienza ha i suoi confini – prosegue Amato – non potendo ‘fissare’ l’imprevisto di un caso specifico se i dati clinici sono rassicuranti, come nel caso del triste aborto spontaneo a 20 settimane di una giovane donna. Lo conferma il 90 per cento di medici denunciati e assolti per insussistenza di colpa, ma trascinati per anni in una causa lunga, costosa e psicologicamente devastante”.
“Un esito imprevedibile e doloroso per la paziente e per i medici – ha spiegato Amato – ma che non può essere inquadrato come un caso di malasanità. Perché il corpo umano è fatto di infinite variabili che possono influenzare il lieto o il penoso epilogo di una gravidanza. In questo caso, tra l’altro, nulla poteva essere fatto perché le linee guida della professione non prevedono interventi che possono essere risolutivi prima del compimento delle 22 settimane di gestazione. Ma oggi basta una denuncia o solo l’identificazione dei soggetti coinvolti per mettere in moto una causa che paralizza l’attività di un medico.
La costituzione italiana garantisce la tutela e i diritti del malato tramite legali e tribunale del malato – prosegue il Presidente dell’Ordine dei medici di Palermo -. Ma non c’è tutela per la pressione psicologica costante patita dai sanitari a causa delle aggressioni e delle conseguenze medico-legali, sempre dietro l’angolo. Quando un paziente entra in uno studio o in un ospedale, il medico vede il malato come una persona che ha bisogno di cure, ma anche come un potenziale nemico che gli si può rivoltare contro da un momento all’altro. E’ la continua involuzione del rapporto fiduciario medico-paziente che bisogna scongiurare, perché se tuteliamo la loro professione proteggiamo i malati e la nostra sanità”.