Caos Tirrenia, “Cin” vicina al fallimento: Onorato messo alle strette

L’imprenditore deve allo Stato italiano 180 milioni di euro da 9 anni

palermo

La “Cin”, Compagnia italiana di navigazione del gruppo Onorato, a capo della Tirrenia dal 2012, è vicina al fallimento. La società è ritenuta insolvente a causa di un passivo di circa 200 milioni di euro, a cui si sommano debiti scaduti che ammontano ad oltre 500 milioni. Di questi, 180 milioni di euro sono da corrispondere da parte della Cin all’Amministrazione Straordinaria; per questo un anno fa Onorato aveva ricevuto il blocco dei conti correnti, soluzione poi revocata con un accordo riservato tra le parti.

La convenzione tra lo Stato Italiano e la “Cin” è già scaduta lo scorso luglio; tuttavia due proroghe ottenute, prima dal governo Conte e poi dal governo Draghi, hanno consentito alla società di Onorato di proseguire. Da pochi giorni, però, la Procura di Milano ha presentato un’istanza di fallimento per la quale si attende a breve la sentenza definitiva.

IN DEBITO CON LO STATO DA 9 ANNI

Vincenzo Onorato, già proprietario della “Navarma”, divenuta “Moby” nel 2005 e adesso intestata al figlio Achille, acquista la Tirrenia nel 2012. L’accordo con l’Amministrazione Straordinaria prevedeva un versamento di 380 milioni di euro, di cui l’imprenditore pagò solamente 200 milioni. Onorato, al momento dell’acquisto, si impegnò a versare la restante parte in tre rate da 60 milioni, denaro però mai corrisposto. Per di più la “Cin” nel 2018, in solo una settimana, incurante del debito con lo Stato italiano trasferì 85 milioni di euro alle casse di “Moby”.

“Nonostante un debito mai saldato il signor Onorato ha venduto imbarcazioni Tirrenia, tra cui navi da carico e l ”Aurelia’. – Ci racconta il segretario regionale “Orsa Marittimi Campania”, Franco Montano – Ha utilizzato navi Moby su linee di navigazione coperte dalla Tirrenia Cin, a noleggio e pagamento. I nostri soldi pubblici si spostano da Cin a Moby senza che alcuna autorità intervenga per chiedere spiegazioni. Il tutto è un danno per l’intera collettività e non solo nei confronti di tutti i marittimi che quotidianamente sono chiamati a vivere questa condizione di lenta agonia di una delle storiche flotte del nostro Paese. C’è dire inoltre, – prosegue Montano – che anche la ‘Grimaldi group’ aveva lanciato la proposta di pagare i 180 milioni a saldo più interessi acquisendo navi, linee e personale, ma la trattativa non andò in porto. Al momento è tutto in fase di stallo, in attesa della sentenza“.

LA SITUAZIONE DEI DIPENDENTI

“Nonostante gli stipendi dei dipendenti vengano pagati in modo regolare, – prosegue Montano – da quando c’è questa amministrazione sono stati ritoccati gli statini paga. Ad esempio il marinaio svolge il suo mestiere ma riceve una paga da ‘giovanotto di coperta’, dunque inferiore. E così via fino ai livelli sucessivi, fino al grado di nostromo, ma senza toccare gli ufficiali.

La preoccupazione più grande attuale è che i più giovani rischiano di perdere il lavoro. – Afferma il segretario regionale – Tuttavia la clausola sociale, che includerà il passaggio dei lavoratori a chiunque acquisirà linee e capitali, dovrà essere applicata da una società gestita da fondi pubblici; c’è di buono dunque che non se ne occuperebbe Onorato in prima persona, perché è ben chiaro che a lui non importa minimamente dei marittimi.

Succede anche che alcuni dipendenti Tirrenia vengano messi in cassaintegrazione a fasi alterne. – Sottolinea il rappresentante di “Orsa Marittimi” – Al momento si attinge al “fondo solimare”, ma non si capisce come si faccia a farlo; anche perché oramai il contratto stabile aziendale è talmente ridotto da non sostenere il fabbisogno aziendale, occorre ulteriore personale; così si deve attingere al ‘turno particolare’ o ‘di riserva’.

POLITICA E LUSSI PERSONALI

“In questi anni la gestione di Onorato è stata basata molto su spese personali“. – Afferma Montano – Ma questi soldi che fine hanno fatto?”, si chiede il segretario regionale. Domanda lecita, considerando anche che già nel 2014, a poco più di un anno dalla stipula dell’accordo, lo Stato italiano concesse ad Onorato la possibilità di effettuare un taglio ai servizi di 20 milioni di euro all’anno, mantenendo inalterato il contributo pubblico di 72 milioni di euro già in essere; ciò ha comportato per il gruppo Onorato un vantaggio economico, ad oggi, di 140 milioni di euro.

Inoltre, come rivela un’inchiesta condotta dal programma “Report”, oltre 300 mila euro sono transitati dalle casse di Onorato alla politica o ad associazioni ad essa connesse. Nel 2016 la “Moby” dona 150.000 euro all’associazione “Open” vicina a Matteo Renzi. Onorato effettua poi un’altra donazione di 30.000 euro alla fondazione “Val di Cornia” dell’Isola d’Elba, facente capo al Pd; mentre nel 2019 cento mila euro passano dalla Moby alla fondazione Change del governatore della Liguria Giovanni Toti. Anche Giorgia Meloni ha beneficiato della “bontà” di Vincenzo Onorato, che ha donato 40.000 euro alla leader di Fratelli d’Italia e 5.000 euro al partito.

Nella “lista” figura anche Beppe Grillo, che ha ricevuto da Onorato una donazione di 240.000 euro per il suo blog. L’imprenditore ha agevolato economicamente anche la “Casaleggio Associati”, un’azienda di e-commerce, a cui ha donato la cifra di 600.000 euro.

Nonostante gli ingenti debiti contratti con lo Stato, la società di Onorato ha investito anche in beni immobili, come una villa di 200 mq con spiaggia privata a Porto Cervo, pagata oltre 4 milioni di euro e dichiarata “a uso rappresentanza”. Un altro appartamento, un attico di 300 mq con terrazzo da 160mq a Milano, è stato oggetto di “un’operazione interna”; Moby infatti ha acquistato l’immobile dallo stesso Onorato, che ne ha ottenuto proventi per oltre 7 milioni di euro. Nella “collezione” di Onorato anche auto di lusso, per il cui acquisto dal 2018 al 2021 Moby ha speso circa 600mila euro.

UN APPELLO PER 6000 MARITTIMI

Adesso l’imprenditore navale, messo alle strette, si troverà costretto ad ottemperare ai suoi debiti o a trovare una soluzione in tempi rapidi. Principalmente perché la vicenda coinvolge circa 6000 marittimi, che lavorano in condizioni già non ottimali e attendono risposte certe e concrete circa il proprio futuro.

Noi abbiamo sempre denunciato la gravità della situazione in Tirrenia, senza mai essere ascoltati. – Evidenzia con amarezza Franco Montano – Oltretutto, nonostante l’impiego di ingenti capitali provenienti dalle tasche dei cittadini, le navi della Cin versano in uno stato deficitario dovuto alla mancata manutenzione. I marittimi, inoltre, devono anticipare le spese di viaggio per imbarco e sbarco ed autofinanziarsi le spese di aggiornamento e i corsi di addestramento, nonostante la convenzione dica che spetterebbero alla società.

Di fronte ad una crisi economica che ha colpito ogni categoria, – sottolinea Montano – i marittimi si sono visti persino decurtare la tredicesima mensilità; il personale a tempo determinato, inoltre, si è visto congelare varie voci stipendiali e coloro che hanno raggiunto l’età pensionistica non hanno ancora ricevuto il regolare tfr accumulato.

Ci chiediamo dunque, – conclude il rappresentante sindacale – se non sia arrivato il momento di spezzare la catene che ci tengono legati ad un discutibile imprenditore, che riteniamo perseguire soltanto il proprio interesse personale e non certo quello dei marittimi e della collettività in generale. Sarebbe auspicabile adesso un intervento dello Stato a supporto e tutela della salvaguardia occupazionale e gestionale.”