Sicilia, caporalato e lavoro nero: dieci arresti
Alcuni proprietari terrieri e imprenditori agricoli della provincia nissena e agrigentina avrebbero impiegato manodopera straniera reclutata da un’organizzazione criminale, con condizioni di lavoro lesive della dignità, della sicurezza e della salute degli individui
Ancora arresti in Sicilia nell’ambito del caporalato. I poliziotti della Digos di Caltanissetta hanno eseguito, infatti, 10 misure cautelari nei confronti di sei stranieri e quattro italiani. Sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Due di loro sono finiti in carcere, otto ai domiciliari.
Secondo l’accusa, farebbero parte di un’organizzazione criminale finalizzata a reclutare manodopera straniera, in larga parte di nazionalità marocchina, da destinare al lavoro nelle campagne in condizioni di sfruttamento. Alcuni proprietari terrieri e imprenditori agricoli della provincia nissena e agrigentina avrebbero dunque utilizzato tale manodopera con condizioni di lavoro lesive della dignità, della sicurezza e della salute. Il tutto approfittando dello stato di bisogno degli individui.
CAPORALATO, 10 ARRESTI
Dalle indagini della Digos è emerso che gli stranieri reclutati avrebbero percepito per una media di 8/9 ore di lavoro giornaliero un salario che si aggirava tra i 30/35 euro al giorno. Decurtato di circa 5/10 euro per le “tasse giornaliere” che sarebbero state imposte dagli autisti dell’organizzazione per le spese di trasporto dei lavoratori e per la manutenzione dei mezzi.
Non avrebbero inoltre utilizzato quasi mai dispositivi di protezione individuale; spesso sarebbero stati costretti a lavorare anche la domenica; sarebbero stati controllati durante la giornata dal capo dell’organizzazione, dai sodali o dai proprietari terrieri. A ciò si sarebbe aggiunta la minaccia di non essere più impiegati qualora non avessero svolto il lavoro “ad arte”.
Registrati anche diversi episodi in cui gli operai, nonostante avessero manifestato malesseri o impellenti necessità familiari durante la giornata lavorativa, sarebbero stati costretti a rimanere sul luogo di lavoro fino a fine giornata e a riprendere l’attività, sotto la minaccia della perdita di ogni futura opportunità lavorativa.