Caro City, ti siamo grati per tutto ma il calcio è della gente: i tifosi del Palermo meritano di più

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Il calcio è il gioco di tutti. E questo non solo perché è praticato a livello professionistico e amatoriale da giocatori di ogni età, ma anche perché il pubblico che assiste alle partite è in genere socialmente molto vario. Caro City Group, al netto del fatto che bisogna badare ai conti ed ai bilanci, che bisogna seguire un percorso di crescita e di consolidamento sportivo ed economico, al netto anche del fatto che il modello su cui vi basate è lo stesso dappertutto, non dimenticate che, in tutto il mondo, il calcio è prima di tutto un fenomeno sociale. Anche a Palermo. 

Il calcio è un momento di aggregazione tra la gente ed un momento di condivisione che spesso fa dimenticare i problemi di una quotidianità sempre più complicata. Io non ho da insegnare niente a nessuno, tanto più a dirigenti navigati come quelli del City Group che, del calcio, ne hanno fatto una ragione di vita ed una professione con la quale vivere. È pure vero, però, che la prima ‘socializzazione’ al gioco del calcio avviene di solito in modo del tutto informale in uno spazio qualsiasi vicino a casa, nel cortile della scuola o nell’oratorio della parrocchia. In una fase successiva assume spesso una forma più organizzata: è oggi infatti assai elevato il numero di società sportive dove il calcio è praticato come attività regolamentata con dirigenti, allenatori, preparatori atletici, orari e giorni prestabiliti per gli allenamenti.

Dell’emisfero calcio fa parte anche il pubblico, più o meno occasionale, e tra il pubblico spicca l’abbonato. L’abbonato si segnala per una maggiore continuità di presenza sugli spalti. Il fatto di avere in tasca una tessera che testimonia la sua appartenenza vicaria alla società e alla squadra è molto importante sul piano simbolico. Grazie al semplice abbonamento, il legame affettivo con la propria squadra si materializza e l’identità collettiva si conferma. L’abbonato, in questo modo, non soltanto ‘si sente’, ma viene automaticamente riconosciuto come membro di una collettività che trova la propria ragion d’essere nel sostegno alla squadra.

Caro City Group, desidero soltanto mettere in evidenza la valenza della parola “TIFOSI” in un mondo che personalmente detesto e in un contesto che, sempre di più, si sta dimostrando incentrato solo e soltanto sul denaro a discapito della gente che fa sacrifici. Dal compagno che litiga con le mogli per andare in trasferta, ai bambini che nel calcio vedono la speranza di una vita migliore sognando di poter diventare, da grandi, calciatori professionisti. Caro City Group ritengo che il detto “Paese che vai, usanza che trovi” si possa accostare anche al mondo del calcio. Perché se voi siete “british” noi non possiamo farci nulla, ma certamente lo scopo, oltre che il sogno, di qualsiasi tifoso del mondo e di qualsiasi squadra del mondo è vedere la propria squadra del cuore vincere. Si diventa, di conseguenza, sempre più orgogliosi per la propria città.

Non si deve dimenticare d’altronde, che nella nostra società nessun altro evento pubblico è capace di attirare folle più numerose di quanto faccia il calcio. C’è un detto: “Puoi cambiare macchina, lavoro, città, fidanzata, ma ci sono due cose che non puoi cambiare: tua madre e l’amore per la tua squadra”. E se a uno di quei ragazzini che inseguono una palla su un campetto indossando una maglia colorata con il nome di un campione stampato sulla schiena, rivolgiamo la domanda “che vuoi fare da grande?”, otterremo certamente la risposta “voglio diventare calciatore”.

Siete a Palermo da poco, ma avete già dimostrato poca considerazione per i tifosi rosanero nonostante la grande stima e fiducia che loro hanno nei confronti della vostra grande realtà. Avete dimostrato di poter fare a meno di loro e dei loro giudizi andando dritti per la vostra strada senza preoccuparvi di quello che dice, anzi, di quello che prova la gente che ama questi splendidi colori. Avete palesato strafottenza per ciò che rappresenta il cuore pulsante di ogni società professionistica: i tifosi. E questo non tanto perché chiedono a gran voce l’esonero di un allenatore che ha dimostrato di non essere all’altezza della situazione, ma perché la più grande sofferenza di un tifoso che ama la propria squadra di calcio sta nel vederla perdere.

State puntando eccessivamente sul silenzio anche quando, in più di una occasione, avreste dovuto chiarire quali sono i reali obiettivi per questa stagione calcistica. Ad inizio campionato si era manifestata la volontà di salire in Serie A, poco dopo si è ritrattato dichiarando che l’obiettivo era arrivare tra i primi 4-5 posti della classifica e da 6 partite si persevera confermando un allenatore che, oltre ai risultati ottenuti sul campo che sono da retrocessione, ha dimostrato di non essere in grado di guidare un gruppo e di non avere soluzioni tecniche per dare una svolta al nostro campionato. Perché? Perché un tifoso deve accettare passivamente le dinamiche operative di una società e la società non deve minimamente pensare al fatto che il susseguirsi di risultati negativi, di traguardi non raggiunti, di umiliazioni sul campo, possono essere motivo di sofferenza per chi ama smisuratamente e disinteressatamente la proprio squadra del cuore?

Io la risposta ce l’ho e penso sia pure banale aspettare di riceverla da dei alti dirigenti che gravitano nel calcio di oggi. Prevalgono gli interessi economici e questo è scontato, ma affinché si possano ottenere dei traguardi ambiziosi e risultati economici positivi, le società di calcio hanno bisogno dei tifosi e del loro senso di appartenenza.

L’appartenenza, come già detto, si alimenta solo attraverso un percorso vincente e generando entusiasmo soprattutto tra le nuove generazioni portandole a tifare per la squadra della propria città. Appartenenza è quella che si tramanda da padre in figlio, ma non può bastare da sola. Il nostro club negli ultimi anni ha ricevuto più dolori che gioie, se si esclude la prima parte dell’era Zamparini. E proprio da quest’ultima ripartirei avendo constatato che, nei primi anni di gestione dell’imprenditore friulano nei quali vincevamo con le “strisciate”, in città la maggior parte dei bambini andava fiera di girare con la maglia rosa nero di Toni, Pastore, Miccoli e tanti altri.

Vi chiedo quindi chiarezza, soltanto quella, perché il tifoso quello vero sarà sempre disposto ad amare la propria squadra, ma pretenderà allo stesso tempo che, il proprio amore, non venga mai maltrattato e che non si soffra per cause imputabili a soggetti estranei alla propria “relazione”. 

PALERMO TI HO AMATO, TI AMO E SEMPRE LO FARÒ