Caro Corini, non ti offendere, ma il tuo Palermo gioca male
“I ragazzi hanno messo tutto in campo”, “È mancata un po’ di lucidità alla fine”, “La qualità mostrata oggi vogliamo portarla in campo anche col Venezia, con la speranza di un risultato diverso”. Ascoltando queste parole di Corini rilasciate pochi minuti dopo la fine di Palermo-Cosenza, senza aver visto la partita e senza conoscere il risultato, si potrebbe pensare che il Palermo abbia giocato benissimo, abbia colpito pali e traverse, gli siano stati negati rigori, abbia bombardato Micai (il portiere avversario) e che sia uscito dal campo tra gli applausi dei tifosi nonostante un amaro pari casalingo. Ma nulla di tutto ciò è accaduto.
Quella che noi, spettatori più o meno competenti, dobbiamo commentare e giudicare è invece una sconfitta che pesa come un macigno. Uno scivolone arrivato davanti a 26mila e passa tifosi al termine di una partita mai veramente dominata e nella quale il Palermo è riuscito nell’impresa di somigliare tantissimo a quello “ammirato” lo scorso anno. Un Palermo che sui lanci lunghi va puntualmente in sofferenza, un Palermo che ripugna lo sviluppo verticale del gioco e che cerca indefesso cross dalle fasce per uno smarrito Brunori, un Palermo che anche in casa spera di far male agli avversari con le ripartenze. Sono arrivati un pareggio e tre vittorie consecutive, è vero e va riconosciuto, ma in nessuna di queste gare i rosanero hanno saputo essere pienamente convincenti e dominanti.
E allora arriviamo al nocciolo della questione. Per mister Corini cosa significa giocare bene? Cosa significa, per usare una sua espressione ricorrente, essere davvero “qualitativi”? Ogni qual volta gli si fa notare che si è sofferto e che, forse, è mancata qualcosa soprattutto nella manovra offensiva, la replica del tecnico rosanero è sempre la stessa: “Esistono gli avversari, non giochiamo da soli”. Nelle giornate di maggiore autocritica, talvolta ci si spinge anche nel riconoscere che “è mancata lucidità”. Ora, non si chiede all’ex capitano rosanero dei tempi d’oro, di fustigarsi se le cose vanno male e di non esaltarsi quando invece vanno bene. Non sia mai. Ma chiedere maggiore obiettività e maggiore chiarezza su quelle che sono le sue reali ambizioni di gioco è legittimo.
Il Palermo è stato profondamente rinnovato dal mercato estivo. Sono arrivati innesti di qualità, è stata allungata la rosa, sono state colmate lacune e sono andati via elementi che nella scorsa stagione non si erano mostrati all’altezza delle rinnovate ambizioni dei rosanero. Un “repulisti” complessivo che ha convinto e che ha rassicurato tutti sulle reali intenzioni del City Group: conquistare la Serie A. Lo stesso Corini, che nello scorso campionato ci rassicurava sul “percorso” e sul “consolidamento“, parla legittimamente e apertamente di campionato di vertice. Bene, anzi, benissimo. Eliminato qualsiasi alibi tecnico, possiamo solamente occuparci della gestione di un gruppo di giocatori di alto livello e di questioni meramente tattiche.
Il Palermo, nella partita contro il Cosenza, ha effettuato 33 cross con il 15,2% di precisione. Ciò significa che in oltre 90′ di gioco e con centinaia di discese sulle fasce, gli esterni rosanero hanno saputo trovare i propri compagni solo in 5 occasioni. Potrebbero essere sufficienti con degli incursori di centrocampo specializzati e con attaccanti dominanti nel gioco aereo. Ma nel caso del Palermo non è così. Quanti “dai e vai” inconcludenti abbiamo visto con il volenteroso Mateju che spera in qualche modo di essere lanciato verso il fondo? A quante chiusure abbiamo assistito sul promettente Aurelio? Il gioco del Palermo è stato ormai codificato e studiato da tutti gli avversari che sanno come disinnescare Brunori (sempre più nervoso e in difficoltà) e colpire la retroguardia del Palermo con i lanci lunghi. Chiaramente, non sempre questo basta agli avversari per evitare che le ottime individualità dei rosanero poi non decidano in qualche modo la partita. Ma non è con la speranza nelle singole esecuzioni che si vincono i campionati.
Sono state gettate le basi per un grande futuro, è stato realizzato (ma non ancora ultimato) un centro sportivo all’avanguardia ed è stata allestita una squadra completa e competitiva. La proprietà inglese, per dirla in soldoni, ha fatto decisamente grandi cose. L’unica ansia che adesso inizia a montare è sull’effettiva capacità di capitalizzare questi sforzi e questi investimenti, anche in campionato. Il tifo si è ricompattato, si è caricato di speranze e di entusiasmo per un campionato di vertice, ma il Palermo continua a non ammaliare. Il Palermo non gioca bene e non diverte. È doloroso dirlo, ma è così. Ha vinto tre partite di fila contro avversari non irresistibili, ma contro il Cosenza è arrivato uno schiaffo dal sapore di monito. I santi non ti accompagnano ovunque e i risultati, alla lunga, arrivano sempre e solo dopo prestazioni all’altezza delle potenzialità della squadra. Dopo il Cosenza Corini ha dichiarato che i giocatori hanno dato veramente tutto e che è mancata solo un po’ di lucidità. Ne consegue che se il Palermo, nelle prossime partite, darà il meglio di sé e magari difetterà un po’ in concretezza, rischierà di perdere ovunque e contro chiunque. No Eugenio, così non va: si possono “scattiare” partite, non campionati.