Caro dottor Falcone e se questo 23 maggio fosse la fine delle passerelle?

È il momento di dire basta alla retorica e di onorare in maniera più autentica la memoria degli eroi antimafia. Magari migliorando le nostre scuole

Sono tra i tanti che Giovanni Falcone l’avrà visto una decina di volte in circostanze che potrebbero definirsi meno formali e sempre per motivi intrecciati con la mia attività professionale. Gli davo rigorosamente del lei, non c’erano i presupposti perché fosse diversamente e una volta con il consueto sorriso sornione l’aveva pure rimarcato sostenendo che ero io a volere mantenere le distanze.

IL GIOCO DELL’APPARIRE

E un po’ era vero, dare del tu ad un magistrato o a un politico mi è sempre venuto forte, mi è sempre sembrata una cosa a metà tra l’ostentazione di confidenza con il potere e la pacchiana abitudine di far capire al mondo molto più di ciò che in effetti è. L’eterno gioco dell’apparire, l’appropriarsi di riflesso della luce che arriva se ci stai a ridosso, un elemento del resto fondamentale nella terra del cumannari è megghiu chi futtiri.

GIOVANNI E PAOLO

Chi conosceva bene Giovanni Falcone ha sempre parlato di un uomo sobrio, restio a tutti quei riti sociali che rendono simpatici a prescindere. Poi la sua vita blindata, suppongo io, avrà fatto il resto favorendo una selezione naturale di veri amici. Paolo Borsellino era il primo fra questi e non sorprende più nessuno nonostante per formazione e indole non è che fossero proprio affini.

LA FOTO DI GENTILE

Quando si parla di amicizia, quella vera, si tirano in ballo anche stima e affetto, che singolarmente presi non bastano a comporre quella parola, ma insieme sì. Nei loro sguardi c’era la luce della solidarietà e dell’intesa come può essere declinata da due esseri viventi dello stesso sesso. Ed è stato magnifico Tony Gentile a cogliere tutto questo in una delle foto di cronaca più celebri dello scorso secolo.

TESTIMONE DI QUEL GIORNO

Io quel pomeriggio c’ero, convinto da Pippo Ardini a seguire un incontro che non sarebbe passato alla storia senza la tragedia delle stragi. Dirigevo una tv privata e mandai anche le telecamere a seguire l’evento che ospitava Falcone e Borsellino, più per fare un piacere ad Ardini che per convinzione. Fui inconsapevole testimone di quell’attimo che ricordai soltanto quando la famosa foto fece il giro del mondo. Un’immagine che racconta meglio di mille parole la vita in comune di questi due uomini.

IL MURALES 

Oggi questa foto è diventata anche uno dei simboli di Palermo avendo ispirato il murales che sovrasta il golfetto della Cala. Un’operazione di cui si comprende il senso e che è difficile contestare se non si comincia davvero a volere demolire il castello di retorica che anno dopo anno ha accompagnato le celebrazioni del 23 maggio in un crescendo wagneriano. Il 23 maggio 2020 potrebbe rappresentare un’occasione unica, proviamo a impossessarci dei meriti della pandemia che ha ingoiato la pompa magna e impossessiamoci del significato più autentico della memoria di Giovanni Falcone. 

AZIONI CONCRETE

Oggi che le passerelle più o meno istituzionali sono proibite per decreto, immaginiamo in maniera diversa di onorare il magistrato e tutti gli eroi della guerra alla mafia, magari con azioni concrete, magari con progetti didattici che partano dalla digitalizzazione delle nostre scuole che tanto hanno lasciato a desiderare in tema di didattica a distanza. Rendiamole più inclusive, qualifichiamo meglio i docenti, accorciamo la distanza purtroppo evidente tra ciò che vi accade dentro e il mondo reale.

L’EROE INVOLONTARIO

Cambiamo le priorità, basta con la gara a chi onora di più e meglio la memoria dei nostri laicissimi santi. Lasciamo allo spontaneismo dei cittadini la simbologia dell’albero Falcone e alle note del Silenzio la celebrazione della memoria di Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Francesca Morvillo, Vito Schifani. E di Giovanni Falcone, eroe involontario di una patria distratta.