Giornata decisiva per l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. L’attuale capo politico del centrodestra è atteso a Palermo relativamente al caso dei 147 migranti soccorsi in mare dalla nave della ong spagnola Open Arms. Naufraghi poi sbarcati a Lampedusa nell’agosto del 2019.
Il giudice dell’indagini preliminari Lorenzo Janelli dovrà decidere se rinviare o meno a giudizio l’esponente leghista. Le accuse nei suoi confronti sono di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Un procedimento iniziato lo scorso 9 gennaio e che oggi vedrà la conclusione, con l’arringa dell’avvocato Giulia Bongiorno.
Il leader del Carroccio ha affidato ad un tweet le sue parole in vista dell’udienza. “In partenza per Palermo. Domani mattina ennesimo sabato per l’ennesimo processo come ‘sequestratore di persona’. Questa volta per il caso della nave ong spagnola Open Arms. Serve molta pazienza, ma sono sostenuto, oltre che dall’affetto di tanti, dalla ferma convinzione”.
Un Salvini molto polemico, anche nei confronti del segretario del PD Enrico Letta. “Alla faccia delle provocazioni e del buongusto, del governo di unità nazionale. Quando a parlare di provocazioni è un segretario di un partito che è al governo con me e si mette la felpa di una Ong che vuole portarmi in galera, non fa un buon servizio al Paese”.
“Letta si è scusato via whatsApp, ma certe cose se ci pensi prima di farle è meglio. Però non penso – ha aggiunto -, che il giudice deciderà in base alle felpe di Letta”.
I legali di Matteo Salvini si preparano quindi ad alzare le proprie “barricate” rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura di Palermo il 20 marzo scorso.
Una memoria lunga 110 pagine, che abbraccia tutti i passaggi fondamentali trattati durante il dibattimento. Documento che dovrà rispondere non solo alle arringhe avanzate dai PM, ma anche alle oltre 20 parti civili. Fra queste, anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.
Il primo punto focale riguarda la competenza dello Stato Italiano rispetto al cosiddetto Pos (Porto Sicuro).
“L’Italia non è mai stata competente secondo il diritto internazionale per l’indicazione del Pos (il cosiddetto porto sicuro, ndr)” – scrivono i legali -. Ciò in quanto “anche a voler escludere la possibilità di una competenza libica – lo Stato responsabile per il rilascio del Pos era la Spagna. Quale Stato di bandiera della nave Open arms, e, limitatamente al terzo episodio, Malta”.
“L’individuazione dello Stato su cui gravano gli obblighi derivanti dalla Convenzione Sar, infatti, non dipende dalla scelta della nave privata che effettui il salvataggio”, continua la memoria. “Nel caso di specie, la realizzazione di tutti gli eventi in questione avvenne nelle zone Sar di responsabilità della Libia e di Malta, escludendo un collegamento ‘territoriale’ con l’Italia. Inoltre, lo Stato italiano non assunse il coordinamento, non avendo mai acquisito, neanche volontariamente, la responsabilità di gestione degli interventi”. Essi, viene scritto nella memoria “furono effettuati dalla nave Open arms in totale autonomia”.
Altro passaggio chiave riguarda la condotta dell’ex ministro rispetto al DL Sicurezza.
“Il provvedimento assunto dai ministri Salvini, Trenta e Toninelli il 1 agosto 2019 era pienamente legittimo”. Ciò perchè “adottato ai sensi del cosiddetto decreto Sicurezza bis e conformemente alle norme internazionali, che consentono a uno Stato di interdire l’accesso al proprio mare territoriali, qualora la nave sia impegnata in attività di scarico di persone in violazione delle leggi e dei regolamenti di immigrazione vigenti nello Stato costiero”.
“Anche la motivazione del provvedimento era oltremodo giustificata – prosegue – e trovava le sue radici nelle circostanze dell’intervento e nel complessivo modus operandi della Open arms, in tutto simile a quello tenuto in precedenti analoghe occasioni, da cui si poteva desumere l’intenzione di porre in essere un’attività volta al preordinato e sistematico trasferimento illegale di migranti in Italia”.
Non mancano poi i riferimenti al dibattito politico dell’estate del 2019, in particolare ai rapporti politici e governativi fra Matteo Salvini e l’ex premier Giuseppe Conte.
La lettera inviata il 14 agosto 2019 dall’ex premier Giuseppe Conte a Matteo Salvini quando era ministro dell’Interno nel suo governo, era “manifestamente pretestuosa”. Ciò perché non c’era “alcun motivo di interessare lo scrivente della questione, che era di esclusiva competenza della Spagna”
“In merito allo scambio di note tra l’allora presidente del Consiglio, prof. avv. Giuseppe Conte, e l’esponente, va rilevato che tale interlocuzione deve essere letta alla luce del contesto politico dell’epoca, caratterizzato dalle forti tensioni – sottolinea il documento – derivanti dalla ormai definitiva crisi di governo, come emerge chiaramente anche dalla ‘lettera aperta’ indirizzata al sottoscritto dal presidente Conte tramite i suoi canali sui social network in data 15 agosto 2019 (‘Siamo ormai agli sgoccioli di questa nostra esperienza di governo’)”.
Secondo la difesa del leader leghista, dunque, si tratta di “una interlocuzione fortemente dialettica tra due membri del Governo e, quindi, tra due soggetti politici, che si confrontano in modo anche aspro sul piano dell’indirizzo politico in materia di flussi migratori”.
I legali di Matteo Salvini, capitanati da Giulia Bongiorno, espongono infine le proprie motivazioni relativamente alle accuse.
“Nel periodo in contestazione non sarebbe comunque potuto sorgere l’obbligo di sbarco immediato per effetto della sola richiesta di Pos da parte della nave Open arms, visto che il presidente del Consiglio, allora in carica, aveva avviato la procedura di redistribuzione dei migranti in sede europea (seguite dalla concessione del Pos da parte della Spagna il 18 agosto 2019), come risulta dalla lettera aperta rivolta allo scrivente dall’allora presidente del Consiglio, prof. avv. Giuseppe Conte, in data 15 agosto 2019”.
“L’inconsistenza dell’ipotesi di reato (di sequestro di persona, ndr) è stata già evidenziata in punto di insussistenza, in capo all’Italia, dell’obbligo di fornire un ‘luogo sicuro’ secondo le citate norme internazionali e, quindi, di inesistenza di una posizione di garanzia in capo al ministro dell’Interno”.
“La libertà di movimento dei migranti – concludono i legali – a bordo della Open arms non è stata mai limitata per effetto di condotte riferibili al ministero dell’Interno o ad altre autorità italiane“. Ciò perchè la nave aveva “possibilità di navigare verso altre destinazioni”.