Centenario della nascita di Gesualdo Bufalino, scrittore “metafisico”
Gesualdo Bufalino avrebbe compiuto cento anni il 15 novembre 2020. Lo scrittore, originario di Comiso, in provincia di Ragusa, deceduto il 14 giugno del 1996 a causa di un incidente, è considerato uno dei massimi autori siciliani di tutti i tempi. Inoltre è uno degli esponenti letterari più colti che l’Italia abbia mai avuto. Il suo esordio avvenne nella seconda metà della sua vita, a sessantuno anni. In precedenza, aveva svolto la professione di docente e condotto un’esistenza ritirata e discreta. La sua inarrivabile nobiltà linguistica si rivelò al mondo con la prima opera, il romanzo “Diceria dell’untore“. Fu iniziato nel 1950, ripreso nel 1971 e pubblicato nel 1981: il consenso, da parte della critica e dei lettori, fu immediato e valse all’autore, nello stesso anno, il Premio Campiello.
CAPACITA’ EVOCATIVA
Già a partire dalla pubblicazione della prima opera, si delineò con forza lo stile unico e personalissimo del professore dell’Istituto Magistrale di Comiso. Una mistione senza eguali di barocco – mai eccessivo, però – e ricercatezza formale, puntellata da metafore e ossimori e contraddistinta da una capacità evocativa che nessun autore è mai riuscito a riprodurre.
ISOLITUDINE
La prosa bufaliniana è una vera è propria poesia priva di versi che racconta la Sicilia più atavica, cogliendola nella sua dimensione insulare. Condizione questa alla quale sono intimamente legate le peculiarità degli abitanti, tra voglia di solitudine e apertura al mondo esterno. Non a caso, è stato proprio il coltissimo scrittore a coniare, per la Sicilia, il termine “isolitudine”. Un neologismo che racchiude la vera anima dell’isola, della quale Gesualdo Bufalino è stato il cantore più lucido, disincantato e probabilmente, anche il più innamorato.
FINE AFORISTA
Amico di Leonardo Sciascia – fu proprio lo scrittore di Racalmuto a scommettere, insieme ad Elvira Sellerio, la pubblicazione del primo romanzo – Gesualdo Bufalino fu anche un finissimo aforista.
Una delle sue frasi più note era “tale è la forza dell’abitudine che ci si abitua persino a vivere”. Una sintesi perfetta dell’approccio siciliano all’esistenza, tra rassegnazione e incapacità di imprimere cambiamenti. “L’uomo invaso”, “Le menzogne della notte”, “Qui pro quo” e “Tommaso e il fotografo cieco” sono alcuni tra i titoli imperdibili di una produzione letteraria di altissimo livello. Quest’ultima incastonata in una vita che ebbe nella ricerca e nella cultura, praticate al limite dell’ossessività, le sue ragioni fondanti. Lo testimonia il suo più grande desiderio, ovvero la realizzazione di una biblioteca universale. Una collezione di quasi quindicimila testi, dischi di musica classica e jazz, e ritratti con gli amici Leonardo Sciascia e Vincenzo Consolo, oggi custoditi dalla Fondazione a lui intitolata.