Certificato medico, adesso ti licenziano se mostri questo: non ti salva nemmeno il medico che è un pubblico ufficiale

Certificato medico e licenziamento - fonte pexels - palermolive.it

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Se ti ammali e presenti questo certificato medico al datore di lavoro rischi il posto dall’oggi al domani

Il licenziamento di un dipendente, secondo la normativa italiana, è consentito solo in presenza di motivazioni specifiche e giustificabili. La legge distingue tra licenziamento per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo e per giustificato motivo oggettivo. Ognuna di queste categorie richiede condizioni precise e documentate affinché il licenziamento possa considerarsi legittimo. È essenziale che il datore di lavoro dimostri la sussistenza delle ragioni alla base della decisione di interrompere il rapporto lavorativo.

Il licenziamento per giusta causa si applica nei casi di comportamenti particolarmente gravi, tali da compromettere irreparabilmente il rapporto di fiducia tra datore e dipendente. Si tratta, ad esempio, di situazioni come il furto, l’abbandono del posto di lavoro, comportamenti violenti o il falso in documenti aziendali. In questi casi, non è richiesto il preavviso, in quanto la gravità della condotta rende impossibile la continuazione del rapporto lavorativo, anche solo temporanea.

Il giustificato motivo soggettivo, invece, riguarda condotte meno gravi, ma comunque tali da pregiudicare il normale svolgimento dell’attività lavorativa. Esempi tipici includono il mancato rispetto delle regole disciplinari, il calo significativo e reiterato del rendimento o l’uso improprio delle risorse aziendali. In questi casi, il licenziamento è subordinato al rispetto di una procedura disciplinare, che include la contestazione scritta e la possibilità per il lavoratore di presentare una difesa.

Infine, il giustificato motivo oggettivo si basa su ragioni economiche o organizzative, come la chiusura di un reparto, la crisi economica o l’introduzione di nuove tecnologie che rendono superflua la posizione del lavoratore. In queste situazioni, è fondamentale che il datore di lavoro dimostri che il licenziamento è realmente legato a necessità aziendali e che non vi sono possibilità di ricollocare il dipendente in altre mansioni. Anche in questo caso, il mancato rispetto delle regole procedurali, come il preavviso, può comportare l’illegittimità del licenziamento e conseguenti sanzioni per l’azienda.

Certificati medici e licenziamento: i limiti della tutela per malattia

Il tema del licenziamento per malattia è sempre delicato, ma una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30551 del 27-11-2024) ha fatto chiarezza su alcuni aspetti importanti. La Suprema Corte ha stabilito che il datore di lavoro può contestare il certificato medico del dipendente, dimostrando l’inesattezza della diagnosi senza la necessità di proporre una querela di falso. Pur riconoscendo valore di “piena prova” al certificato medico per quanto riguarda la visita effettuata e la provenienza del documento, il giudizio del medico sull’impossibilità di lavorare può essere messo in discussione tramite altri elementi probatori.

Il datore di lavoro ha la facoltà di verificare la sussistenza della malattia dichiarata dal dipendente utilizzando diversi strumenti. Oltre alle visite fiscali dell’Inps, l’azienda può avvalersi di prove indiziarie, come fotografie, testimonianze, o addirittura pedinamenti effettuati da investigatori privati. Anche i contenuti pubblicati sui social media, che mostrano il lavoratore svolgere attività incompatibili con la malattia dichiarata, possono rappresentare un valido elemento probatorio. Tuttavia, gli accertamenti devono rispettare i limiti imposti dalla normativa sulla privacy, evitando intrusioni nella vita privata del dipendente.

Certificato medico e licenziamento - fonte pexels - palermolive.it
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Il licenziamento per abuso del periodo di malattia

Un dipendente può essere licenziato per malattia in due circostanze principali: quando simula uno stato di salute compromesso o adotta comportamenti che ritardano intenzionalmente la guarigione. La Corte di Cassazione ha chiarito che lo svolgimento di attività incompatibili con la malattia, come lavori alternativi o attività fisicamente impegnative, può costituire motivo di licenziamento disciplinare. Il giudice, in caso di contestazione, valuterà le diverse certificazioni mediche e le prove fornite per stabilire la reale situazione di salute del lavoratore.

Se da un lato il datore di lavoro ha il diritto di accertare la veridicità della malattia dichiarata, dall’altro deve rispettare scrupolosamente i diritti del dipendente. Qualsiasi accertamento deve essere mirato esclusivamente a verificare la malattia senza sconfinare nella sfera privata. La sentenza della Cassazione rappresenta un passo importante per bilanciare i diritti di entrambe le parti, garantendo al datore di lavoro la possibilità di agire contro gli abusi, ma preservando la dignità e la tutela del lavoratore.