Cultura ultras, calcio, storie di vita. Palermo diventa scenario di un appuntamento che vede protagonista il mondo del tifo. Venerdì 25 ottobre alle ore 18:30, presso la sala stampa dello Stadio Renzo Barbera, si è tenuta la presentazione del libro “Ultras, gli altri protagonisti del calcio” alla presenza dell’autore, il francese Sebastien Louis. Un libro che ha già riscosso tantissimo successo in Italia e che ha toccato con le sue presentazioni diverse città dello Stivale. Un’occasione per approfondire le storie raccontante dall’autore e dare vita ad un interessante confronto con ultras, tifosi ed appassionati presenti.
A cinquant’anni dal suo debutto, la cultura ultras si rinnova fra i tifosi di tutto il mondo. Un meccanismo di identificazione che riguarda anche Palermo e l’intera Sicilia. Il mondo ultras, assicura Louis, “è distante da quel sottobosco di violenza che spesso viene impropriamente collegato al tifo”.
“Sono stato ultras dell’Olympique Marsiglia dal 1994 al 2006 – dice l’autore – e questo ovviamente mi ha parecchio aiutato. Mi ha aiutato a conoscere questo mondo, so come muovermi dentro, come comportarmi. In più la fama della tifoseria marsigliese, che varca i confini nazionali, era una specie di patente che potevo mostrare agli ultras che incontravo e avere credibilità. Non c’era bisogno che gli spiegassi cosa facevo con loro allo stadio.
Poi ho iniziato un dottorato che mi prendeva tempo ed era una cosa seria, quindi ho dovuto fare un passo indietro nella mia militanza da stadio, consacrando quasi tutto il mio tempo alla mia ricerca. Ho dovuto fare una scelta. Non potevo più fare l’ultras seriamente, allora ho lasciato la curva del Marsiglia per fare “l’avvocato degli ultras”, così mi definiscono – l’ha detto con il sorriso (ndr)”.
“La cosiddetta “mentalità ultras” è niente di più che la filosofia di questo movimento. Come spiego nel libro, le norme di questa cultura lasciano ampio spazio a una visione romanzata e mitizzata dei codici che regolano il movimento. Tutti i movimenti hanno delle “regole”, ma come sappiamo benissimo in sociologia, queste variano sempre seguendo la trasformazione sociale.
L’individualismo crescente delle nostre società ha cambiato anche lo stadio, che è sempre uno specchio deformante della nostra società. Dunque, le tifoserie si sono divise e ogni gruppo in una curva pensava di essere il più adatto a sostenere la squadra di calcio. Ogni fazione è convinta di essere la più fedele ai valori originari. Il frutto di questo paradosso è la creazione della cosiddetta “Mentalità ultras”, creata dai più giovani per contestare i vecchi facendo riferimento a “vecchi valori” che sono però in gran parte inventati”.
A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso si fa strada un nuovo modo di concepire il ruolo del tifoso. Sugli spalti compaiono striscioni dalle scritte singolari: “Commandos”, “Fossa”, “Ultras” o ancora “Brigate”. Gli ultras, tifosi oltranzisti, si appropriano di uno spazio, creano regole e si ritagliano un ruolo di primo piano all’interno dello stadio. Le curve diventano il luogo di veri e propri spettacoli colorati, che si svolgono in concomitanza con l’evento sportivo. A cinquant’anni dal suo debutto, la cultura ultras perpetua e rinnova il proprio successo fra i tifosi di tutto il mondo. La fedeltà alla propria squadra spinge gli ultras a innovare e a proporre, con il loro tifo, uno spettacolo nello spettacolo. Al dilagare della violenza, essi oppongono innanzitutto creatività, autonomia, rifiuto della mercificazione del calcio e critica della repressione.
Sébastien Louis, dottore in Storia contemporanea, è specialista del tifo radicale in Europa e nel Nordafrica. Interviene regolarmente in conferenze internaziona- li, così come in pubblicazioni specializzate e sulla stampa. In qualità di esperto dell’argomento ha collaborato con diverse istituzioni come il MuCEM, l’Unesco e l’Istituto del Mondo Arabo.