Condanne per quasi mezzo secolo ai clan di Ciaculli e Brancaccio

Ricostruiti 46 episodi estortivi. Richieste anche r cifre irrisorie: 5 euro per gli ambulanti e lo “sfincionaro”. Nel mirino dei clan anche le pompe funebri

Nel processo con rito abbreviato nato dall’inchiesta “Stirpe” del luglio 2021, ieri il Gup Marco Gaeta ha accolto quasi tutte le richieste del pool coordinato dal procuratore aggiunto Paolo Guido e composto dai pm Francesca Mazzocco e Bruno Bruca. Le persone coivolte erano tredici; 12 sono state condannate e una assolta. Sono stati ricostruiti quarantasei episodi estorsivi, e nel procedimento furono indagati anche i discendenti dei boss Greco di Ciaculli, tra cui Giuseppe, nipote del Papa, Michele.

Le condanne

Pesanti le pene per i gregari e gli estortori del pizzo nel mandamento di Brancaccio-Ciaculli  arrestati dopo l’operazione “Stirpe”. Nonostante la sentenza sia stata emessa con il rito abbreviato ci sono condanne che vanno dai 5 ai 20 anni-  Per un totale di quasi mezzo secolo. La pena più alta, 20 anni, a Maurizio Di Fede. A Giuseppe Greco e Girolamo Celesia, detto Jimmy, 16 anni a testa. 14 anni a Giovanni Di Lisciandro e Angelo Varano , e 13 anni e 4 mesi per Salvatore Gucciardi 13 anni e 4 mesi). A Stefano Nolano 12 anni e 4 mesi, a Rosario Montalbano 11 anni e 8 mesi. E ancora, 10 anni per Onofrio Palma, 9 per Gaspare Sanseverino, 8 per Giuseppe Ciresi, e infine per Raffaele Favaloro 5 anni e 4 mesi. C’è stato un solo assolto, Giuseppe Giuliano, difeso dagli avvocati Gianfranco Viola e Sergio Toscano.

Ricostruiti 46 episodi estortivi

L’inchiesta “Stirpe” aveva consentito di ricostruire ben 46 episodi estorsivi, anche per cifre irrisorie. Cinque euro per alcuni ambulanti e ed anche per lo ‘sfincionaro’, invitato a mettere più condimento. Anche le pompe funebri non sfuggivano al controllo. I boss di Brancaccio avrebbero controllato il numero dei morti in arrivo in un’agenzia, dove non solo avrebbero imposto il pizzo.  Ma anche l’assunzione di affiliati appena usciti dal carcere. Nessuno dei commercianti e degli imprenditori taglieggiati, tuttavia, ha ammesso di aver pagato o subito richiesto di pizzo. per questo sono tutti finiti sotto inchiesta per favoreggiamento. In questi giorni a 38 di loro è stato notificato l’avviso di conclusioni delle indagini.