Conte nei guai: con le dimissioni di Cesa la maggioranza si allontana
Le dimissioni del leader dell’Udc Lorenzo Cesa, indagato in Calabria, potrebbero complicare l’apertura ai centristi
Una indagine contro la ‘ndrangheta calabrese della Procura di Catanzaro ha coinvolto l’Udc ed ha costretto alle dimissioni il suo segretario, Lorenzo Cesa. Uno degli uomini corteggiati dal premier Giuseppe Conte per rafforzare la sua traballante maggioranza. Ancora una volta cronaca e politica si incrociano, e manette e carta bollata fanno irruzione nell’attuale delicatissima crisi politica, allontanandone la soluzione.
OPERAZIONE “BASSO PROFILO”
È successo che in quella Calabria che nei prossimi mesi voterà per il rinnovo del consiglio regionale dopo la morte della governatrice Jole Santelli, il procuratore Gratteri ha bombardato l’Udc, il piccolo partito di centrodestra guidato fino ad ieri da Lorenzo Cesa. Infatti proprio ieri si è dimesso, in quanto raggiunto da un avviso di garanzia per associazione a delinquere aggravato dal metodo mafioso. Nell’ambito di una maxioperazione contro la ’ndrangheta che, guarda caso, si chiama “Basso profilo”. Invece il segretario regionale, Francesco Talarico, che è anche assessore al Bilancio della Regione Calabria, è agli arresti domiciliari. Secondo l’accusa l’Udc locale avrebbero accettato di favorire Antonio Gallo, un imprenditore del luogo nella sua corsa agli appalti, prima in Calabria e poi a Roma. Nella Capitale avrebbe incontrato Cesa. Da qui il coinvolgimento dell’ex segretario del partito scudocrociato.
L’UOMO DELLA “QUARTA GAMBA” INDISPONIBILE
E quindi l’uomo che Conte ha corteggiato, fino ad ieri un navigato politico che poteva portare il mattoncino della sua Udc alla casetta dei Costruttori, che avrebbe dovuto costituire la mitica “quarta gamba” del Conte ter, adesso è indisponibile. Cesa, con la sua esperienza, avrebbe potuto non solo portare a Conte Bonetti, Saccone e De Poli, per i quali già si sussurrava quali incarichi avrebbero potuto avere, ma avrebbero potuto calamitare altri moderati sciolti alla ricerca di un posto al sole dalle parti del governo. Invece i tre esponenti Udc adesso si sono definiti «scossi» da quanto sta avvenendo, e non sono disponibili ad aiutare Conte. Ma in ogni caso Luigi Di Maio ha già emesso la sentenza, perché ha detto che i pentastellati non accetterebbero mai chi è sospettato di mafia. E quindi quota 161 si allontana, forse diventa una chimera.