Nell’agosto del 2020 una coppia italiana che non poteva avere figli, si è recata in Ucraina per “comprarne” uno con la complicità di una madre surrogata. Gli aspiranti genitori si sono rivolti ad una delle cliniche più note dell’Ucraina, una di quelle dove si “confezionano” bambini con la tecnica dell'”utero in affitto”. La coppia ha aspettato, paziente, il momento della nascita, mentre faceva mettere nero su bianco dalla burocrazia del posto i termini per la “cessione” del nascituro. Puntuale viene al mondo una bimba, che viene pure riconosciuta dai due italiani, che però all’improvviso spariscono senza la piccola, che avevano affidato ad una baby sitter ucraina trovata al volo. Sconosciuto il motivo di questo comportamento. Quello che poteva essere magari un arrivederci, e invece è stato un addio. I due infatti non si sono fatti più sentire. E la bambiba ha compiuto un anno, la baby sitter, che non era stata mai stata pagata, ha contattato il consolato italiano a Kiev.
Si è interessata della situazione la Procura della Repubblica che ha accertato i fatti ed ha rintracciato la mamma e il papà mancati. I due hanno confermato che quella bimba non la vogliono affatto. Non è restato che pensare a un piano B. Viene interessato lo Scip, il Servizio per la Cooperazione Internazionale della Direzione Centrale della Polizia Criminale. Che si è occupato del rimpatrio della piccola in Italia predisponendone il viaggio. È già arrivata giovedì a Milano, a Malpensa, assistita dd una pediatra e da una crocerossina.
«Le condizioni della bambina – ha assicurato Carolina Casini, medico pediatra volontaria della Croce Rossa Italiana – sono buone. Per fortuna, la tata che l’ha accudita fino a giovedì l’ha amata molto e se ne è presa cura egregiamente». È una bella bambina, bionda, che ora è in attesa di trovare una famiglia che la ami e che se ne prenda cura. Stavolta sul serio. Resta comunque sul tavolo l’assurdità d questo incomprensibile gesto. Le forze politiche si stanno muovendo per rendere l’”utero in affitto” un reato universale. ovvero punibile anche all’estero, oltre che in Italia, come è adesso. Perché la vita non può essere una merce di scambio.