Corrida, no ai fondi pubblici. La svolta animalista del Parlamento europeo
Le risorse della Politica Agricola Comune non saranno più utilizzate per finanziare l’allevamento dei tori. Si attende il verdetto definitivo del Consiglio dell’UE. Previste ostilità da parte di Spagna, Francia e Portogallo
Cattive notizie per gli spagnoli più conservatori e integralisti e per i turisti che apprezzano uno degli “spettacoli” più arcaici e sanguinari ancora esistenti al mondo: chi alleva animali destinati alla corrida non beneficerà più del sostegno economico dell’Unione europea.
Lo ha deciso un emendamento approvato dal Parlamento europeo, con il quale si stabilisce che i fondi della PAC, ovvero la Politica Agricola Comune, non saranno più utilizzati per supportare la corrida, avversata dalle associazioni animaliste e considerata ormai un rito in declino, malgrado rappresenti per molte comunità iberiche e francesi un’attività economica non indifferente.
Tuttavia, malgrado l’orientamento chiaramente espresso dal Parlamento, è ancora troppo presto per tirare un sospiro di sollievo: l’intero pacchetto, infatti, passerà al vaglio del Consiglio dell’Unione europea, l’altro organo legislativo che annovera al proprio interno un rappresentante per ogni Stato membro ed è prevedibile che i Paesi più oltranzisti che ancora praticano il barbaro rito manifestino resistenza; in generale il processo di definizione della PAC è molto articolato, considerato che quest’ultima rappresenta il 34,5 per cento del bilancio dell’Unione nel 2020, ovvero 58,12 miliardi di euro.
I nemici della tairomachia, nel Parlamento europeo, sono soprattutto i Verdi, dai quali parte la richiesta di stop ai finanziamenti, con il sostegno dei socialisti, dei liberali, della Sinistra unitaria e del Movimento Cinque Stelle.
La Lega anti vivisezione, più nota come Lav, ha avuto un ruolo decisivo nel processo di sensibilizzazione collettiva sulle inutili crudeltà che caratterizzano la corrida: grazie all’attività investigativa dell’associazione, è stata realizzata un’inchiesta, con il contributo di Animal Guardians e Avatma, realtà che riunisce i veterinari che chiedono l’abolizione della tauromachia e del maltrattamento degli animali.
La crudezza delle immagini ha rivelato quanta sofferenza sperimentino i tori allevati, seviziati e infine macellati e le agonie alle quali sono sottoposti; a tutto ciò, si aggiungono i rischi sanitari che la pratica comporta per la popolazione.
Elevata al rango di arte “grazie” allo scrittore Ernest Hemingway, la corrida, emblema dello spirito spagnolo nel mondo, ha avuto proprio in Spagna il suo più acceso sostenitore in Mariano Rajoy, alla guida del governo tra il 2011 e il 2018; anche il suo predecessore, primo ministro Josè Luis Rodriguez Zapatero, in carica dal 2004 al 2008, ebbe un atteggiamento protezionista nei confronti della pratica, disciplinata addirittura come attività artistica e culturale.
Occorre tuttavia sottolineare che non sono pochi gli spagnoli a considerare l’uccisione dei tori come un tratto squalificante della cultura iberica e a chiederne l’abolizione: oltre ai movimenti animalisti – che da quelle parti sono fortissimi e devono fare i conti anche con la complicità della Chiesa cattolica, da sempre schierata a favore della tauromachia – tanta gente comune ne vuole la messa al bando malgrado l’industria del settore dia lavoro e occupazione.
La Catalogna, ormai da anni, ha cancellato le corride in tutto il territorio regionale, una decisione bollata dai sostenitori come un mezzo per segnare ulteriormente la propria distanza da Madrid.
La corrida, tuttavia, non esiste solo in Spagna e in Europa: in Perù, per esempio, essa si tiene con regolarità ed è considerata una tradizione che, in termini di popolarità, supera persino la passione per il pallone, tanto che nel Paese sudamericano esistono molte più arene che stadi calcistici.