Il Covid lo ha quasi ucciso: Antonio ci racconta il suo calvario

La storia di Antonio, commerciante palermitano di 60 anni, che ha vissuto una bruttissima esperienza con il virus. Esperienza con i cui strascichi deve ancora avere a che fare

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Il Covid non ha tolto il disturbo e può ancora fare molto male. A raccontare la sua storia a Palermo Live è Antonio, un commerciante palermitano di 60 anni che con il virus ha avuto un “incontro del terzo tipo” e per poco non ci ha “rimesso le penne”. Antonio ha fatto due dosi di vaccino Moderna, ma sulla terza era un po’ titubante. “Lascio passare le vacanze di Natale e poi si vedrà”, aveva detto a se stesso, convinto comunque che le due vaccinazioni lo avrebbero salvato da un eventuale contagio.

Ma così non è stato. Il 30 dicembre, l’uomo è in negozio e gli arriva la chiamata della moglie: suo figlio Marco è positivo. Antonio chiude la saracinesca e torna a casa. Da giorni ha una tosse insistente, ma un tampone fatto in farmacia ha dato esito negativo. Adesso, però, bisogna rifarlo. Tornato dai suoi cari, l’uomo comincia a sentire un po’ di debolezza. “Ti sarai impressionato perché tuo figlio è positivo”, gli dice la moglie. Antonio va a letto presto, ma verso le 2:00 di notte si sveglia sudato e agitato. La temperatura è salita a 39 e mezzo. E il tampone, la mattina seguente, dice positivo.

“Niente paura – gli dice il medico al telefono – prenda tachipirina e integratori”. Ma il 60enne adesso ha l’affanno e sputa sangue. La moglie chiama il 118. Tre infermieri con una tuta che li copre dalla testa ai piedi lo portano al Cervello. “Non ci sono posti in terapia intensiva, dobbiamo trasferirla al Civico”, gli dice un medico. Ma Antonio non vuole spostarsi: proprio in quell’ospedale è morto suo cugino pochi mesi fa di Covid e ha paura che possa capitare anche a lui. Per quasi due giorni viene assistito e curato in corsia. Poi la diagnosi: “Polmonite bilaterale”.

Per Antonio adesso è stato trovato un posto in intensiva. Qualcuno è morto o qualcuno è guarito, ma poco importa, adesso c’è in ballo la sua vita. Un infermiere gli applica una maschera sul viso e la blocca con dei ganci dietro la testa: “Non la tolga assolutamente, potrebbe costarle caro. Se ha fastidio chiami noi”.

Antonio soffre in silenzio e piange. La maschera fa male, la flebo fa male, quella brutta situazione fa molto male. Le ore sembrano eterne e ogni tanto vede lenzuola che coprono visi e sacchi neri che trasportano corpi esanimi. Ci sono parecchi novax in quello stanzone, ma anche pazienti in gravi condizioni con due o tre dosi di vaccino. Una volta al giorno la moglie lo chiama, ma non riesce a parlare perché ha la voce bloccata dal singhiozzo: piange.

La flebo che lo alimenta è gastrica e fa molto male; ma quando un infermiere viene a cambiarla, per lui è una festa nonostante il dolore. Quella piccola distrazione, serve a spezzare i pensieri deprimenti e il sonno. Sì, perché i medici gli hanno detto che non puó dormire. Né di giorno né di notte. Ma ogni tanto lui crolla e va in affanno perché i suoi polmoni non sono in grado di lavorare da soli. E allora deve restare sveglio, deve lottare contro la fatica e il lento e compassato scoccare dei secondi.

Passano i giorni e Antonio migliora. “Lei è forte”, gli dicono. Ma lui stenta a crederci. Tante volte ha sperato che arrivasse la morte per mettere la parola fine alle sue sofferenze. Si è sentito debole, sopraffatto, ma poi ha resistito. Adesso il peggio è passato. Dopo 15 giorni il tampone è tornato ad essere negativo. Il virus è andato via dal suo corpo ma le conseguenze sono ancora visibili. Antonio torna a casa, da sua moglie e dai suoi figli. Dovrà stare ancora a letto per parecchi giorni, dovrà usare ancora per un bel po’ la bombola d’ossigeno. Anche i sapori e gli odori sono rimasti distorti: l’amaro sembra dolce e il dolce sembra amaro, i profumi fanno puzza e i cattivi odori sanno di buono. Il naso è spugnoso, sembra quasi ne sia venuto via un pezzo, la bocca ha diverse cicatrici. Ma tutto ciò non fa paura: Antonio è come se fosse ritornato in vita, lasciando alle sue spalle le porte dell’inferno.

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