E’ dalla sua residenza tunisina di Mahdia (dove ha scelto di vivere ormai da qualche anno), zona turistica a sud di Susa e Monastir, che Rosario Crocetta, ex Presidente della Regione Siciliana viene raggiunto telefonicamente dalla redazione di Palermo Live. La voce è rilassata, proprio di chi, la sera, dopo una giornata di forte calura, ha la possibilità di ritemprarsi respirando dalla finestra di casa la brezza marina, magari mirando, con la vista ma ancor più con il cuore oltre il Mediterraneo, verso l’amata Sicilia. E dal momento che a legare le due terre, nell’attuale congiuntura storico sociale è più di un filo conduttore, il politico gelese tiene a precisare. “Tunisia e Sicilia sono entrambe porte di ingresso di grandi continenti – afferma Crocetta – , l’una di quello Africano, che comprende tutto il mondo arabo, l’altra di quello europeo. Motivo per il quale, curare al meglio i rapporti tra l’Italia e la nazione dove vivo è di importanza cruciale, soprattutto se si prende in considerazione il sempre più claudicante, a livello ormai mondiale, aspetto economico”.
un albergo tunisino ad Hammamet: il settore turistico della nazione nord africana sta soffrendo maledettamente il post pandemia
A proposito di economia, alla crisi innescata nel 2008, che già di per sè rischia di diventare endemica, si è sovrapposta la pandemia: una vera iattura per Paesi come Tunisia e Italia che contano tanto sul turismo.
“Anche in questo caso riscontro affinità, nella fattispecie riguardo l’operato dei due governi. Nel caso dell’Italia, avere preso tutte le misure precauzionali è servito a far sì che il nostro Paese non si trovasse oggi nella stesse tragiche condizioni in cui versano ad esempio nazioni come Stati Uniti o Brasile – afferma Crocetta. Praticamente lo stesso modus operandi adottato dal Governo tunisino. Sono state infatti, fin da subito, adottate una serie di misure che definirei draconiane, tali da produrre 1450 casi in cinque mesi e soltanto una cinquantina di morti. In primis il blocco dei voli internazionali, per cui, tutti coloro che sono sbarcati non erano altro che tunisini vogliosi di fare ritorno nel loro Paese, gente tra l’altro immediatamente posta in quarantena presso alberghi specifici”. Ma nonostante tutti i sacrifici, i tunisini, oggi, non vedono premiata la loro pazienza, tanto da dovere fare i conti con un dissesto economico davvero preoccupante. “Durante il lockdown, esercizi commerciali chiusi, strutture alberghiere boccheggianti a causa del mancato afflusso di turisti, studi professionali non operativi e via dicendo si sono tradotti in una massa di lavoratori senza più un’occupazione. Insomma, una situazione compromessa e di certo non agevolata dall’obbligo di quarantena che, per chi viene dalla Tunisia è imposto ormai soltanto dall’Italia. Detto ciò non è diffcile comprendere il perchè sono in tanti a fuggire disperati da questo Paese”.
Si parla di tunisini e, inevitabilmente, salta fuori il caso dei 184 migranti nordafricani scappati dal Cara di Caltanissetta. Neanche il tempo di rintracciarli che, proprio ieri, sempre dalla struttura nissena un altro tentativo di mini fuga.
“Innanzitutto – puntualizza l’ex Presidente della Regione Sicilia – è bene specificare che la migrazione dei tunisini presenta caratteristiche ben diverse da quella che avviene dalle coste libiche. Per le forze dell’ordine locali, è infatti davvero problematico intercettare chi, con semplici barche di piccole dimensioni decide di prendere il largo. Non è certo una situazione assimilabile alle centinaia di migliaia di migranti dell’Africa subsahariana che, stipati in grandi barconi dai trafficanti di esseri umani, prendono quotidianamente il largo dalle coste libiche, laddove spesso è la stessa polizia locale a far finta di non vedere. Definiamo quella dei tunisini una sorta di “migrazione fai da te” che, dopo appena 150 chilometri li vede sbarcare a Lampedusa. Gente che nella propria Nazione non ha vissuto uno stato di massima allerta riguardo la pandemia, il più delle volte grazie ai tamponi effettuati certa di essere sana e che, proprio per questo non riesce a comprendere il motivo per cui debbano essere rinchiusi in un hot spot come nel caso del Cara di Caltanissetta. Dati alla mani d’altronde, i casi di positività nei Paesi maghrebini (eccetto la gravissima situzione dell’Egitto ndr), sono stati nettamente inferiori a quelli delle popolazioni dell’Africa subsahariana.”
Quanto è importante mantenere intatti i rapporti tra Italia e Tunisia in quello che, si spera, possa essere considerato per i due Paesi il post pandemia.
“Tutto potrebbe avere inizio dall’allentamento dell’obbligo di quarantena imposto dall’Italia a chi viene dalla Tunisia. Viceversa – prosegue Crocetta – , per la Tunisia, grazie al crollo di casi registratosi da qualche tempo a questa parte, la nostra Nazione è considerata zona verde (per gli chi proviene dalla Spagna, considerata zona arancione, l’obbligo di quarantena è di 15 gg. ndr). La possibilità di accedere ad esempio al test rapido dei sette minuti per scoprire la positività, dovrebbe spingere il Governo italiano ad allentare la morsa. Se ne gioverebbero un pò tutti. Perchè, ribadisco, gli interessi economici che legano le due nazioni sono importanti e vanno curati. Anche perchè i tunisini, tradizionalmente sono stati nei nostri confronti sempre collaborativi. Penso ad esempio alle diverse aziende siciliane – afferma il politico gelese – presenti quì, come nel caso degli importanti cantieri navali della famiglia Asaro di Mazara del Vallo, l’uno ubicato proprio nella città dove vivo e destinato al mercato arabo e africano in genere, l’altro, in Sicilia, che intercetta il mercato europeo. Un esempio virtuoso della volontà di non delocalizzare bensì di creare un lavoro aggiuntivo che gli consente di potere vendere in Algeria, in Libia, e chiaramente in Tunisia. Ultimamente hanno anche inaugurato una tonniera molto importante. Insomma – conclude Crocetta – , vorrei tanto che si ripensasse alla collaborazione con la Tunisia, anche nell’ottica dello stesso controllo complessivo del fenomeno migratorio.”
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