Da un catanese e da un palermitano la scoperta per indebolire il coronavirus

I due ricercatori siciliani sottolineano l’importanza di una ricerca in grado di aprire la strada a delle terapie.

Il covid-19 è come Achille: ha il suo punto debole, che se nel caso nell’eroe dell’Iliade è il tallone, per quanto riguarda il virus è l’editing dell’Rna. A scoprirlo un gruppo di ricercatori coordinati da un catanese, Silvio Conticello – dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc) –  e da un palermitano, Salvatore Di Giorgio, dell’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (Ispro). Con loro Giorgio Mattiuz dell’Università di Firenze. 

Tutto parte dalle cellule umane che hackerano il virus Sars-CoV2 per attivare uno dei meccanismi dell’immunità. Questo avviene grazie all’editing dell’Rna (acido ribonucleico). Questa la scoperta, pubblicata su “Science Advances”.

Nel lavoro, il sequenziamento dell’Rna del virus, ossia la tecnica usata per calcolare la sequenza dei genomi virali, è stato sfruttato per la prima volta per identificare mutazioni a bassa frequenza operate dagli enzimi per tentare di attuare il meccanismo di difesa.

«Erano anni che lavoravo per capire il significato dell’editing dell’Rna – spiega Salvatore Di Giorgio -, avevo messo su pipeline, ossia processi/procedure computazionali, attraverso cui analizzavo campioni da tessuti e cellule, sane o affette da patologie. È stato naturale, appena sono stati disponibili i dati dei virus, analizzarli. Era già noto il coinvolgimento dell’editing dell’Rna – continua il ricercatore palermitano – in chiave antivirale, ma nessuno aveva individuato le mutazioni indotte da Adar e Apobec direttamente sui virus ottenuti dai pazienti, modificando una tecnica utilizzata per l’assemblaggio delle sequenze virali”.

Qual è il punto forte di questo studio?

«Anche se l’editing dell’Rna da solo non è in grado di contrastare l’infezione – sottolinea il ricercatore catanese Silvio Conticello -, averlo individuato ne mette in evidenza un punto debole, un tallone d’Achille. Lo sviluppo di strumenti in grado di migliorare tale processo potrebbe aprire la strada a delle terapie. Inoltre, l’analisi delle mutazioni inserite dagli Adar e dagli Apobec, un gruppo di enzimi con ruoli fisiologici che spaziano dai processi dell’immunità all’aumento dell’eterogeneità all’interno delle cellule, che modificano sostanzialmente due dei componenti dell’Rna – le adenine a le citosine in inosine e uracili – in modo da alterare il codice genetico del virus, può aiutare a individuare regioni del genoma virale importanti per il suo ciclo vitale: quest’informazione può aiutare, quindi, a sviluppare terapie mirate per bloccare la replicazione del virus direttamente all’interno della cellula».

Gli effetti di queste mutazioni, tuttavia, non sono sempre efficaci nel contrasto all’infezione. «Purtroppo – spiega lo studioso etneo -, le mutazioni indotte non sempre riescono a danneggiare il genoma virale e possono anzi contribuire all’evoluzione del virus. I fattori fisiologici che influenzano l’efficacia dell’editing possono però rappresentare una delle variabili che determinano la risposta individuale al virus e il loro studio potrebbe fornire indicazioni su fattori di rischio e prognostici».

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