Nel lavoro, il sequenziamento dell’Rna del virus, ossia la tecnica usata per calcolare la sequenza dei genomi virali, è stato sfruttato per la prima volta per identificare mutazioni a bassa frequenza operate dagli enzimi per tentare di attuare il meccanismo di difesa.
«Erano anni che lavoravo per capire il significato dell’editing dell’Rna – spiega Salvatore Di Giorgio -, avevo messo su pipeline, ossia processi/procedure computazionali, attraverso cui analizzavo campioni da tessuti e cellule, sane o affette da patologie. È stato naturale, appena sono stati disponibili i dati dei virus, analizzarli. Era già noto il coinvolgimento dell’editing dell’Rna – continua il ricercatore palermitano – in chiave antivirale, ma nessuno aveva individuato le mutazioni indotte da Adar e Apobec direttamente sui virus ottenuti dai pazienti, modificando una tecnica utilizzata per l’assemblaggio delle sequenze virali”.
Qual è il punto forte di questo studio?
«Anche se l’editing dell’Rna da solo non è in grado di contrastare l’infezione – sottolinea il ricercatore catanese Silvio Conticello -, averlo individuato ne mette in evidenza un punto debole, un tallone d’Achille. Lo sviluppo di strumenti in grado di migliorare tale processo potrebbe aprire la strada a delle terapie. Inoltre, l’analisi delle mutazioni inserite dagli Adar e dagli Apobec, un gruppo di enzimi con ruoli fisiologici che spaziano dai processi dell’immunità all’aumento dell’eterogeneità all’interno delle cellule, che modificano sostanzialmente due dei componenti dell’Rna – le adenine a le citosine in inosine e uracili – in modo da alterare il codice genetico del virus, può aiutare a individuare regioni del genoma virale importanti per il suo ciclo vitale: quest’informazione può aiutare, quindi, a sviluppare terapie mirate per bloccare la replicazione del virus direttamente all’interno della cellula».
Gli effetti di queste mutazioni, tuttavia, non sono sempre efficaci nel contrasto all’infezione. «Purtroppo – spiega lo studioso etneo -, le mutazioni indotte non sempre riescono a danneggiare il genoma virale e possono anzi contribuire all’evoluzione del virus. I fattori fisiologici che influenzano l’efficacia dell’editing possono però rappresentare una delle variabili che determinano la risposta individuale al virus e il loro studio potrebbe fornire indicazioni su fattori di rischio e prognostici».
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