Diffamò sindaco del comune di Ventimiglia su Facebook: arriva la condanna
Diffamò il sindaco del suo comune tramite Facebook: condannato al risarcimento del danno e alle spese legali
Un processo durato più di cinque anni, oltre venti testimoni, decine di documenti amministrativi per giungere alla sentenza. Un cittadino del Comune di Ventimiglia di Sicilia è stato condannato dal Tribunale Penale in composizione monocratica di Termini Imerese per avere diffamato il proprio sindaco, Antonio Rini, nonché consigliere comunale al Comune di Palermo, attraverso una serie infinita di post sul suo profilo Facebook.
Il post incriminato
Nei post, il Sindaco veniva insultato e minacciato in vario modo, attribuendogli azioni amministrative illecite e discriminatorie nei confronti dei disabili e, più in generale, addossandogli pesanti accuse mirate e circostanziate di brogli nell’assegnazione di posti riservati a tale categoria. Il condannato riteneva lui stesso di poter essere meritevole di ottenere un posto presso l’ufficio comunale, in quanto anch’egli facente parte della categoria protetta. Il tutto “taggando” una moltitudine di altri sindaci e amministratori di enti del comprensorio siciliano.
Le indagini
Dalla lunga istruttoria è al contrario emersa l’assoluta regolarità delle gestione della cosa pubblica da parte tanto di Rini che della sua Giunta e la totale infondatezza di quelle che sono risultate essere delle mere illazioni senza riscontro alcuno.
La condanna
Oltre alla condanna penale, il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Fabio Stuppia, ha condannato l’imputato a risarcire il danno (da quantificarsi poi in sede civile) e rifondere le spese della parte civile patrocinata dall’avvocato Roberto Sansone di Campobianco.
“Critica politica non sia diffamazione”
Quest’ultimo, esprime piena soddisfazione e commenta: “Quello di critica politica è un importante diritto costituzionalmente garantito e tutelato, ma è cosa totalmente diversa dal diffamare gratuitamente un amministratore pubblico che ha sempre svolto in modo esemplare e senza censure il proprio compito istituzionale. Occorre riflettere e ponderare ogni parola che si scrive sui social network poiché essi non sono né un far west né una terra di nessuno. Vigono regole ben precise e vanno rispettate, tanto sulla veridicità dei fatti riportati quanto nella continenza del linguaggio da adoperare. Il pretendere di usarli come sede di sfoghi di pancia è un malcostume che sentenze come questa tendono fortunatamente ad arginare”.
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