Dire “Patata bollente” a Virginia Raggi è costato caro a Vittorio Feltri e Pietro Senaldi
Era il titolo di un articolo di Libero nel 2017. Soddisfazione per la Raggi: “Non è vittoria solo mia, ma di tutte le donne”
Il 10 febbraio del 2017 il titolo di apertura del quotidiano Libero era “Patata bollente” e si riferiva al sindaco di Roma Virginia Raggi, implicando pesanti allusioni sulla vita intima. Allora i condirettori del giornale erano Vittorio Feltri e Pietro Senaldi. Occorre ricordare che il quel periodo la Raggi era nella bufera politica non solo per la gestione della Capitale, ma anche perché indagata dalla procura di Roma per presunte irregolarità in alcune nomine della sua amministrazione. Tra cui quella del capo della sua segreteria Salvatore Romeo. Infatti, dietro questa nomina considerata «sospetta», diversi articoli evocavano un possibile legame sentimentale tra i due. Anche perché la promozione comportava uno stipendio molto più alto di quello che il Romeo aveva in precedenza.
L’inchiesta della procura su questo episodio fu in seguito archiviata. Dopo la denuncia della Raggi per diffamazione, c’era già stata una prima sentenza nel 2021, che la Corte d’Appello di Catania adesso ha confermato. I giornalisti Vittorio Feltri e Pietro Senaldi sono stati condannati a risarcire rispettivamente con 11 e 5mila euro l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi.
La soddisfazione di Virginia Raggi
Con un post pubblicato su Facebook, Virginia Raggi ha rivendicato l’esito del processo d’appello. “Sono passati più di 6 anni. Probabilmente, era uno dei momenti più duri: ogni giorno un attacco, un’accusa infondata, un tentativo di spallata e colpi bassi da chi diceva di essere amico. Sembrava che tutto fosse lecito. Si poteva scrivere qualsiasi cosa sul mio conto, senza avere alcun riscontro – ha ricorda l’ex sindaca -. “Ma quel giorno si è passato il limite. Ho denunciato per diffamazione aggravata Vittorio Feltri, autore del pezzo, e Pietro Senaldi, direttore responsabile e ben due gradi di giudizio mi hanno dato ragione. Venerdì è arrivata la sentenza di appello che ha confermato, ancora una volta, che avevo ragione e ha confermato la condanna.
La Raggi ha anche aggiunto: «Non è una vittoria soltanto mia. È una vittoria di ogni donna che si è sentita offesa e di ogni padre, fratello, figlio o marito che si è indignato. Quell’articolo era un coacervo di falsità, condite da luoghi comuni, pregiudizi, offese gratuite, sessiste, maschiliste e squallide. Purtroppo quel che tante donne sono costrette a subire ancora troppo spesso da persone che forse vivono su un altro pianeta. Siamo donne, non per questo siamo disponibili”.