Don Leonardo Ricotta, il prete che voleva correggere i gay, lascia Villabate

Il parroco tanto discusso in tempi di coronavirus, non celebrerà più alcuna messa nella parrocchia di Sant’Agata a Villabate

leonardo ricotta

Don Leonardo Ricotta, dà le sue dimissioni e abbandona la parrocchia di Sant’Agata, situata nel Comune di Villabate, che oggi si è svegliata senza prete

Hanno fatto scalpore le sue dichiarazioni contro la consegna dell’ostia sacra con indosso i guanti, norma da rispettare in periodo di pandemia. I dati dei contagi fanno ben sperare, ma non tanto da gridare Alleluja.

Le dimissioni sono state date ufficialmente per problemi di salute. La decisione è stata accolta dall’Arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice.

Chiamato dalla nostra redazione, Don Ricotta non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

Scelta, quella di non parlare, che va in contrasto con la sua personalità e con il fatto che è sempre sembrato molto amico dei microfoni e delle telecamere, specialmente quando gli chiedevano di commentare il papato di Bergoglio, per esempio, o il tema dell’omosessualità. Dei gay, Don Ricotta diceva che vanno corretti e li additava come vizi che la nuova chiesa erroneamente concede e perdona. Ultima polemica l’uso dei dispositivi igienici per contrastare il COVID-19, di cui vi mostriamo un video

QUESTO IL COMUNICATO UFFICIALE DELL’ARCIDIOCESI DI PALERMO

A far data dal 21 maggio 2020 il Rev. Don Leonardo Ricotta, Presbitero della Chiesa di Palermo, non è più il Parroco della Parrocchia S. Agata V.M. in Villabate avendo egli stesso rinunciato a tale ufficio. È pertanto inesatta o pretestuosa la notizia diffusa da alcuni canali social secondo la quale Don Leonardo Ricotta è stato rimosso dall’ufficio di Parroco dall’Arcivescovo di Palermo.

In attesa della nomina del nuovo Parroco, l’Arcidiocesi di Palermo individuerà nei prossimi giorni un Amministratore parrocchiale.  Considerate le polemiche suscitate dagli stessi social, si coglie l’occasione per chiarire quanto segue. La prassi di distribuire la comunione nelle mani è in conformità alle norme emanate dal Magistero della Chiesa cui ogni cristiano cattolico deve religioso ossequio della volontà e dell’intelletto. La Congregazione per il Culto Divino, nell’ Istruzione Redemptionis Sacramentum, del 2004, n.92, afferma che «Se un comunicando, nelle regioni in cui la conferenza dei vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia».

La Conferenza Episcopale Italiana nell’Istruzione sulla comunione eucaristica. Fate questo in memoria di me, nn.1415, già  dal 1989 ammette la comunione nelle mani.  Inoltre, celebrare l’Eucaristia esclusivamente con il Rito Romano secondo il Missale Romanum di Giovanni XXIII del 1962, quale forma straordinaria introdotta dal Motu Proprio Summorum Pontificum, emanato da Papa Benedetto XVI nel 2007, escluderebbe dalla partecipazione alla Messa la porzione di popolo di Dio che desidera prendervi parte attivamente secondo la forma ordinaria del Messale di Paolo VI, attualmente in uso.

Sarebbero, così, gravemente compromessi il diritto e la libertà di buona parte dei fedeli.  Personali convincimenti, dunque, presentati da singoli come dottrina autentica, non possono essere imposti ai fedeli. Spetta al vescovo nella diocesi «dare norme in materia liturgica, alle quali tutti sono tenuti», «per difendere l’unità della Chiesa universale» e «promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa» (Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Redemptionis Sacramentum, nn.176-177).